Nessuno sconto per il Cavaliere resuscitato. I giudici della seconda sezione della Corte d’Appello di Milano hanno confermato la condanna a Silvio Berlusconi a quattro anni di reclusione (di cui tre coperti da indulto) per frode fiscale nell’ambito dei processi sui diritti tv per le reti Mediaset. I giudici, inoltre, hanno anche confermato la condanna per Berlusconi a cinque anni di interdizione dai pubblici uffici direttivi. Ed è proprio questa pena accessoria a pesare di più sul futuro politico del capo del Popolo della libertà. Allora, fine della storia?

No, non ancora. Per Berlusconi sarebbero guai seri solamente se il verdetto dovesse essere ribadito anche dalla Corte di Cassazione, allora sì che potrebbe profilarsi uno scenario che oggi come oggi sembra addirittura fantascientifico: il cosiddetto «passo indietro» dalla politica. I giudici ieri hanno anche confermato l’assoluzione per Fedele Confalonieri, presidente di Mediaset, tra gli imputati del processo sull’acquisizione dei diritti tv. Confermata anche la condanna a tre anni di reclusione per il produttore statunitense Frank Agrama. Così come la provvisionale di 10 milioni di euro a favore dell’Agenzia delle Entrate che dovrà versare Silvio Berlusconi in solido con le altre tre persone condannate.

Le reazioni del Pdl al gran completo sono a dir poco furibonde ed esprimono la forza di chi sa che può far saltare il banco del governo da un momento all’altro, anche se probabilmente non è proprio questa l’intenzione immediata di Silvio Berlusconi. Tutti parlano di sentenza vergognosa, disgustosa, indegna di un paese civile, scellerata, roba da giudici comunisti, eccetera. Insomma, la solita solfa. Questa volta però è improbabile che la sentenza non modifichi le relazioni tra le forze politiche che sostengono il governo di Enrico Letta. E, paradossalmente, la condanna imbarazzerà maggiormente gli esponenti del Pd che si sono consegnati mani e piedi a Berlusconi. Lo si capisce anche dall’imbarazzata dichiarazione di Massimo D’Alema, uno dei pochi del Pd che ha risposto alla fatidica domanda: «Non commento le sentenze».

Del resto, l’attualità politica in cui va a collocarsi la sentenza, ancorché deprimente, è delineata alla perfezione dalla prima reazione a caldo dell’esponente del Pdl Luca D’Alessandro: «In questi giorni che vedono le forze politiche faticosamente impegnate in una fase di pacificazione e di coesione nazionale, e che cercano di mettere da parte dissapori e scontri passati nell’interesse del paese e degli italiani, il palazzo di giustizia di Milano appare sempre più come quel giapponese armato fino ai denti, guerrafondaio e inconsapevole della fine della guerra, che cerca con ogni mezzo di spazzare via il nemico di sempre». E ancora: «Quello appena concluso è un processo politico e la condanna a Berlusconi è solo politica, una condanna che deve farci reagire con forza perché folle, ingiusta e basata solo sul principio dell’eliminazione dell’avversario per via giudiziaria».

Niccolò Ghedini, con l’aria da furbetto, ci ha tenuto a sottolineare che non c’è correlazione tra questa sentenza e la stabilità politica del governo. Poi, come al solito è partito all’attacco: «La sentenza è totalmente al di fuori di ogni logica, la forza della prevenzione dei giudici di Milano è nota». L’avvocato, e parlamentare, a questo punto spera nella Cassazione e nella Corte Costituzionale che dovrà decidere sul conflitto di attribuzione tra poteri in relazione ad un vecchio legittimo impedimento negato a Silvio Berlusconi. «In qualsiasi altro tribunale non avremmo mai avuto una sentenza di questo tipo – ha detto ancora Ghedini – se l’imputato non si fosse chiamato Silvio Berlusconi».

Tra il disgusto manifestato dal centrodestra, e l’imbarazzato silenzio del Pd, si segnalano gli «evviva piuttosto rumorosi» dei parlamentari del Movimento 5 Stelle che hanno applaudito la sentenza agitando le mani come al solito. Per il portavoce al Senato Vito Crimi, «l’interdizione dai pubblici uffici per Berlusconi è forse la notizia più importante». Il deputato Riccardo Nuti , invece, si è fatto una domanda: «Dopo la condanna in appello e l’interdizione ai pubblici uffici per 5 anni, come si può pensare che Berlusconi possa esercitare ancora la carica di senatore?». Mentre la capogruppo alla Camera. Roberta Lombardi, ha chiesto l’impossibile, «si acceleri nella giunta per le elezioni del Senato, appena sarà costituita, sull’ineleggibilità di Berlusconi».
Ma la battuta più perfida è di Stefano Rodotà: «C’è chi vuole impedire la pacificazione, che ci volete fare…».