Nelle tenebre che lo circondano da domenica Silvio Berlusconi vede una lucina, ma tanto tremula e distante da somigliare a un fuoco fatuo. Quando definisce «irripetibili» le circostanze che hanno portato al trionfo Matteo Renzi non fa propaganda. Parla sul serio e in realtà non ha torto. Le previsioni di un testa a testa Pd-M5S, secondo alcune voci diffuse ad arte da palazzo Chigi, hanno regalato al premier fiorentino una marea di voti motivati dalla paura del sorpasso di Beppe il Barbaro più che da convinto consenso. Inoltre, la fortuna di una campagna elettorale che cade in piena luna di miele, quando c’è stato tempo di fare tutte le promesse ma non di verificarne la realizzazione e poi la sostanza, è di quelle che capitano una volta nella vita.

Superato il momento magico del golden boy, il centrodestra parte, sulla carta, da una percentuale di oltre il 30%, tale da far sperare nella rimonta. Il chiodo fisso di Berlusconi, in questi giorni, è quindi ricucire quell’alleanza a tutto campo che già più volte gli ha consegnato il Paese. Per questo ieri Giovanni Toti ha annunciato che lui e il capo si accingono a firmare i referendum della Lega, segnale inequivoco della scelta di ripartire da Pontida. Per questo, oggi, l’ex cavaliere, di fronte alla prima direzione azzurra dopo la batosta, inviterà i suoi a smettere di sparare sul Nuovo centrodestra. «Con loro – dirà – dobbiamo allearci. Non possiamo attaccarli ogni giorno».

«Loro», i futuri alleati, stanno messi ben peggio del partito che hanno abbandonato l’autunno scorso. L’euforia per il quorum superato è durata poco. La realtà è che, senza il cartello elettorale con l’Ucd (in testa con Lorenzo Cesa nelle preferenze), Angelino Alfano non avrebbe superato il 3%. Cifre simili al debutto garantiscono il flop dopo poche rappresentazioni. Per questo l’Ncd si dibatte a destra e a manca. Da un lato cerca di ritagliarsi uno spazietto in un governo in cui il rapporto di forza è di sproporzione mai vista. Dall’altro l’ex delfino rifiuta le offerte di Forza Italia: «Ho molte difficoltà a vedere una riunificazione».
Lo scoglio che il Berlusconi declinante deve superare è proprio questo: unito, il centrodestra ha i numeri per competere, ma non è chiaro come rimettere insieme i cocci, né chi possa farlo al posto dell’Insostituibile di Arcore. L’orizzonte però non può essere che questo. Bisogna tenere insieme i moderati di Alfano, nonostante le loro bizze, e i pasdaran antieuro, che, sommando Lega e Fratelli d’Italia, rappresentano un terzo della coalizione. Compito arduo, non impossibile. Però serve parecchio tempo, dunque la priorità è impedire a Renzi di correre al voto in tempi quasi brevi con l’Italicum. Più che bocciare la legge, l’ipotesi che si va facendo strada in Forza Italia è quella di far mancare alla riforma del Senato i due terzi necessari per evitare il referendum popolare, che posticiperebbe di molto, per Renzi, la possibilità di votare con l’Italicum.
Quanto a chi debba affiancare e prima o poi sostituire il capo nel compito di ricostruire una destra competitiva, l’interrogativo è destinato a restare ancora per un bel po’ inevaso. Raffaele Fitto vorrebbe giocare in velocità, anche perché ieri Marina ha confermato la propria indisponibilità, lasciando però uno spiraglietto aperto per il futuro.

Oggi in direzione il ras pugliese tornerà a chiedere le primarie, certo di avere la meglio su Giovanni Toti, il nato-bollito, e pronto a competere anche ove scendesse in campo l’erede. Insisterà sulla necessità di una legittimazione della leadership a tutti i livelli. Esorterà Berlusconi, «il generosissimo», ad «avviare una riflessione sul futuro». Ma a chiudere la partita in tempi rapidi il monarca non ci pensa per niente.