«Speriamo bene»: si riassume così lo stato d’animo collettivo dei dirigenti azzurri nel giorno fatidico che segna per Silvio Berlusconi l’inizio formale della pena. Col partito azzurro in uno stato di disfacimento tale che persino Bondi sbanda e invita a «sostenere Renzi», la sola speranza è che i nervi del capo reggano alla prova. Il condannato inizierà il 2 maggio ad assistere gli ospiti della Sacra Famiglia di Cesano Boscone, ma la pena inizia formalmente a decorrere con la sua firma in calce al decreto che elenca le prescrizioni cui dovrà sottostare. L’ora fatale è scoccata alle 17.30 di ieri, di fronte alla direttrice dell’Ufficio di esecuzione penale esterna Severina Panarello.

L’ex cavaliere è arrivato negli uffici, accompagnato da Ghedini, sfoggiando la faccia scura delle peggiori occasioni. Tirato e laconico, non è andato oltre un secco «Va bene, va bene» in risposta alle domande. Poi si è infilato nello spoglio ufficio della sua “sorvegliante”, per sentirsi elencare con burocratica meticolosità le 12 prescrizioni. Sono limitazioni di ogni tipo: negli incontri, negli spostamenti, negli orari. Dovrà restare in villa dalle 23 alle 6 del mattino. Potrà allontanarsi da Milano dal martedì al giovedì. Non dovrà incontrare pregiudicati. Per il resto, la dottoressa Panarello gli garantisce agibilità politica: «Noi garantiamo l’agibilità lavorativa, e la politica è il suo lavoro». «Penso che non ci sarà problema per la campagna elettorale», ha confermato il diretto interessato.

Poteva andargli peggio, si sa. Ma ora che a tutti gli effetti è un condannato in esecuzione pena, l’affidato vede solo il bicchiere mezzo vuoto. Gli era già successo subito dopo la decisione del Tribunale di sorveglianza, e in quel caso era sprofondato nell’abisso della depressione per un paio di pesantissimi giorni. Poi si era ripreso, deciso a combattere l’ennesima battaglia elettorale, ma ora che la pena è una realtà tangibile l’umore è tornato nero. Per questo i suoi ufficiali incrociano le dita e ripetono che «tutto dipenderà dalle prossime 48 ore». Anche perché tra il momento difficile di oggi e quello di poche settimane fa corre una differenza sostanziale. Dopo la sentenza del Tribunale di sorveglianza, il Furioso era rimasto barricato in casa, lontano dagli occhi del mondo. Stavolta non andrà così: stasera stessa il mago dell’etere sarà in tv, a Porta a Porta, per una trasmissione tanto più attesa in quanto più volte rinviata. Poi, di qui al 25 maggio, ha in mente una serie di incursioni televisive, inclusa forse quella nella tana del lupo, il Servizio pubblico di Santoro e Travaglio dal quale, prima delle elezioni del 2013, era uscito vincitore indiscusso.

Se recupererà grinta e controllo, stasera, da Bruno Vespa, il Veterano inaugurerà la campagna elettorale inseguendo una rimonta che sembra impossibile. Però lo sembrava anche nel 2006 e poi nel 2013. Ma in campagna elettorale Berlusconi è Maradona: darlo per spacciato è sempre un azzardo. Lo hanno imparato a loro spese Prodi e Bersani.

Il canovaccio del martellamento propagandistico è pronto. Durissima offensiva contro il governo sul fronte dell’economia e delle tasse, dipingendo Renzi, troppo spesso lodato per smentirsi, come ostaggio del fronte della conservazione interno al suo partito. Quindi lotta su due fronti per quanto riguarda l’Europa: toni grillo-leghisti contro la «trazione tedesca» e l’odiata Merkel, ma anche accenti euro-entusiasti contro i «populisti» tipo Beppe o il Carroccio, che non vogliono migliorare l’Europa ma distruggerla, come spiega il vademecum distribuito ai candidati.

Però reggere una simile offensiva restando a braccetto con Renzi sulle riforme è impresa quasi impossibile. Ieri Fi si è schierata ufficialmente a favore di un Senato elettivo. Poi il capogruppo Romani si è prodotto in una dichiarazione tra le più pischedeliche, spiegando che sì, Fi è per il Senato elettivo, all’opposto di Renzi, però è anche decisa a mantenere il patto con Renzi, però riparlandone, magari con un nuovo incontro tra i due capi, e poi certo, bisognerà vedere se tutti i senatori Pd obbediranno al loro capo, sennò chissà, vedremo. Traduzione: Silvio deve ancora decidere. E siccome il voto sulla riforma arriverà dopo le elezioni, deciderà sulla base di quel risultato. La riforma della Carta, insomma, è appesa alla distanza tra la percentuali che incasseranno Beppe il Comico e Silvio il Cabarettista. Allegria!