Dura poche ore la sceneggiata del condannato modello. Quando esce dall’Istituto Sacra Famiglia di Cesano Boscone, dopo il primo giorno di espiazione della pena, l’affidato si cuce la bocca. Però non regge a lungo. Alla fine sbotta e da Tele Lombardia scandisce precisamente le parole che i magistrati gli avevano intimato di evitare: «E’ stata eseguita una sentenza politica e infondata». Non è tattica politica. E’ che Silvio Berlusconi proprio non ce la fa tenere sotto controllo carattere e temperamento 24 ore al giorno.

Non gli capita solo con le invettive anti-giudici, del resto. Sin da ieri mattina, quando alle 9.45 era arrivato all’Istituto per le prime quattro ore di servizio sociale, accolto dall’immancabile folla di curiosi e telecamere nonché da un contestatore solitario, l’ex cabarettista si teneva in caldo una battuta tra le più irriverenti. Gli consigliano di evitare. Lui china di malincuore il capo. Poi, appena si ritrova di fronte alla telecamera la spara: «Sono andato a Cesano Boscone per cercare la nuova classe dirigente di Forza Italia». Pesante con gli assistiti. Pesantissima con i sottoposti, i dirigenti azzurri nei cui confronti il gran capo non sembra provare grande stima. Capita infatti che i degenti affidati alle sue cure soffrano di Alzheimer… Oltre allo sganassone, arriva un buffetto. «Forza Italia potrebbe stare in piedi anche senza nessuno della famiglia Berlusconi», assicura il fondatore. Che ci creda davvero è un altro paio di maniche.

L’atteso evento è un flop mediatico. Tv da mezzo mondo, persino qualche diretta, e tutto per sentirsi dire che «in quattro ore intensissime abbiamo parlato molto del Milan». Fatta salva la frecciata al vetriolo, il condannatissimo non si dilunga sulla persecuzione di cui si sente oggetto. In mente ha ben altro: la campagna elettorale e soprattutto il tempestoso fidanzamento con Matteo Renzi. Non è il premier a tenere lui sotto ricatto, fa sapere, «semmai il contrario». Per sottolineare che i rapporti di forza sono tutti a suo favore, il futuro padre della Patria rincara: «Siamo noi che potremmo ricattare Renzi non dandogli i voti necessari per le riforme».

Va preso sul serio? All’apparenza proprio no. Ne sanno qualcosa Roberto Calderoli e il capogruppo in commissione Affari costituzionali azzurro Donato Bruno. Giovedì lui e gli altri due componenti della pattuglia forzista nella Giunta per il regolamento avevano firmato il ricorso di Calderoli contro la decisione della presidente della commissione Anna Finocchiaro di far votare il testo base del governo nonostante fosse appena passato un odg che diceva il contrario. Poche ore dopo un imbarazzatissimo Bruno si è andato a scusare con Calderoli: «Mi dispiace, ma è arrivata la solita telefonata»…

Solo che Nitto Palma, uno dei tre, non pare affatto convinto dalla sterzata del capo. Non è neppure detto che i tre forzisti si presenteranno, mercoledì prossimo, in Giunta, e senza di loro il ricorso potrebbe avere la maggioranza. Ma anche se arriveranno tutti e tre per votare disciplinatamente il sostegno a Renzi, il gioco potrebbe non durare oltre il 25 maggio. Perché solo con i risultati elettorali sotto gli occhi Berlusconi deciderà davvero che fare, ma anche perché, a fronte di una sconfitta secca, i senatori azzurri potrebbero non riconoscere più alcun vincolo di disciplina. Già oggi gli umori sono pessimi, l’ammutinamento è dietro l’angolo, le battutacce su Verdini e sulla sua egemonia sono tali e tante che a palazzo Madama le conoscono persino i busti di marmo. Se il capo non riuscirà a rovesciare i pronostici, al Senato potrebbe ritrovarsi leader solo di nome.