«No Silvio, no party». Il forzista campano Armando Cesaro non sta rievocando le feste di Arcore. E’ uno dei tanti azzurri che intervengono, uno dopo l’altro, per ripetere che c’è un solo leader, senza il quale non esiste nemmeno il centrodestra. L’intervista del governatore ligure Giovanni Toti a Repubblica non è andata giù: «Berlusconi premier? Ma è incandidabile», sintetizza il titolo. Toti, che continua a lavorare per un’intesa tra Fi e Lega, aggiunge comunque che «Salvini, con responsabilità, ha già detto che sarebbe disposto a fare un passo indietro, pur di vincere» e «se annuso il vento dell’Europa lo sento soffiare più in una direzione moderata che radicale».

Ma l’ex Cavaliere intende restare in primo piano e – circondato dall’affetto dei suoi che dichiarano a raffica – interviene personalmente sul tema della coalizione. Non è ancora il ritorno in pubblico dopo le vacanze, ma nel giorno in cui Matteo Renzi gira per le feste dell’Unità e mentre Luigi Di Maio saltella tra il red carpet di Venezia e Villa d’Este a Cernobbio, Berlusconi si fa sentire con una lunga che partendo dalle elezioni regionali in Sicilia guarda alla prossima primavera: «Sono lieto che si sia realizzata una coalizione di centrodestra con caratteristiche simili a quella con la quale ci candidiamo a vincere le elezioni politiche nazionali», premette auspicando che la massima unità sia replicata anche alle prossime politiche.

Il leader azzurro parla di «modello Sicilia», un «modello» esaltato anche da leghista Massimiliano Fedriga, ospite ieri con Giorgia Meloni e Gaetano Quagliariello della festa del Fatto quotidiano a Marina di Pietrasanta. Ma, aggiunge Berlusconi, «io scenderò in campo personalmente per invitare quei siciliani che, disgustati dalla politica e dai politici, si sono rassegnati e avevano scelto di non votare, ad aiutarci a dare vita ad una nuova stagione di vero buon governo per la ripresa e lo sviluppo della loro terra». Insomma, c’è ancora bisogno di Silvio e, lascia intendere l’ex Cavaliere, non solo in Sicilia, dove i sondaggi – contestati da un Pd che però non riesce a tenere a bada la preoccupazione – sembrerebbero gonfiare le vele di Nello Musumeci: secondo Euromedia Research è al 34%, superando di un solo punto il candidato 5 Stelle Giancarlo Cancelleri.

La portavoce di Forza Italia alla camera, Mara Carfagna, puntualizza ulteriormente, rivolta senza citarlo allo scalpitante leader leghista Matteo Salvini: «Essere in coalizione non significa che Forza Italia sarà al rimorchio di qualcuno, subalterna a qualche alleato. Rivendichiamo il diritto di essere il traino della coalizione di centrodestra che per essere vincente deve essere di ispirazione moderata, liberale e cattolica».

La leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni, che sarà pure cattolica ma non esattamente moderata e liberale, fa subito notare che a insistere su Musumeci in Sicilia sono stati proprio lei e i suoi Fratelli (spalleggiati da Salvini) mentre Berlusconi puntava su Gaetano Armao (che poi ha accettato il ticket con Musumeci e in caso di vittoria sarà vice presidente). E «le alleanze non si fanno prima di scegliere i contenuti ma dopo; ognuno deve dire cosa ritiene imprescindibile e sulla base di questo si trova il comune denominatore» .
L’accordo in Sicilia in ogni caso favorisce le manovre di riavvicinamento a livello nazionale. Gli sviluppi (o non sviluppi) sulla legge elettorale potrebbero fare il resto.