Ci risiamo. Come in un incubo in cui tutto si ripete all’infinito, è arrivato il turno di Raffaele Fitto. Dopo Casini, Fini, Tremonti e Alfano, ora è il signore pugliese delle preferenze a reclamare un ruolo di direzione nella proprietà personale di Silvio Berlusconi, il partito azzurro.
Come sempre quando la “dialettica politica” arriva a mettere in discussione il principio di proprietà, il signore e padrone di Fi mette da parte il fair play e passa all’anatema. La sua è una nota durissima: «Chiedo a tutti di non proseguire in uno sterile dibattito a mezzo stampa sulle primarie e a non contribuire così all’immagine negativa che i media ostili costruiscono a nostro danno». Ma lo scomunicato di Bari si è ormai spinto troppo avanti per fare marcia indietro. Tiene botta, rilancia con una proposta che in un partito come Fi chiamarla choccante è poco: «Chi discute in modo limpido dovrebbe essere una risorsa, non un problema. Il problema è chi semina falsità. La prossima riunione dell’ufficio di presidenza va trasmessa in diretta streaming».
Le falsità in questione, secondo il pugliese, sono le ricostruzioni pilotate dal “cerchio magico”, che interpretano la sua insistenza sulle primarie come un mezzo obliquo per strappare all’ex cavaliere la leadership del partito. Al contrario, come lo stesso Fitto ha ripetuto ieri nell’intervista al Corriere che ha scatenato le ire di Arcore, «vere primarie» sono la sola via percorribile per dimostrare che «non stiamo operando solo manutenzione dell’esistente». In un momento simile, «una classe dirigente deve essere legittimata dal consenso».
Saranno pure solo malignità e pettegolezzi quelli che vogliono il vicerè delle Puglie all’arrembaggio per la conquista del trono azzurro. Di certo però a quelle voci Berlusconi crede, tanto da ricordare nella nota il suo personale ruolo. Fi, scrive, è sempre stato un movimento attento al parere di tutti. Garante di tanta trasparenza è stato appunto lui, con «l’equilibrio, la capacità di sintesi e il rispetto che mi sono sempre stati riconosciuti». Il sottinteso è chiaro: chi insiste nel chiedere trasparenza e legittimazione popolare insinua che il capo non basti a garantirle.
Come sempre nelle tragedie familiari di casa azzurra la psiche profonda gioca il suo ruolo. Fitto ritiene di esser stato troppo a lungo messo in secondo piano rispetto ad Alfano e non capisce perché, ora che il traditore si è scoperto, venga premiato Toti e non lui. Berlusconi non tollera che i suoi “figli” politici insidino la sua onnipotenza. Ma in questo caso la politica ha tutto il suo peso: la posta in gioco è anche chi avrà voce in capitolo nella ricostruzione del centro destra. Ieri Alfano ha lanciato il suo «appello di pace». Propone «una coalizione popolare italiana che rimetta in gioco i moderati», ma con un programma, non «una somma di sigle». La nuova alleanza sarebbe certamente aperta anche alla Lega, ma «un partito del Ppe non si precipita a cercare accordi con la variante italiana del lepenismo». A molti forzisti la proposta piace poco, soprattutto perché viene dal fedifrago. Ma molti altri sono più che tentati e il capo dei senatori Romani replica con una sostanziale apertura: prima nega ogni invaghimento per madama Marine, poi sottolinea che per fare uno schieramento nuovo tocca rinnovare anche le idee, non solo i dirigenti. Quella di Alfano, ormai con le spalle al muro, era una mossa obbligata. Resta insidiosa perché punta a sostituire una sorta di “asse centrista” a quello “nordico-antieuro” sul quale ha puntato Berlusconi dopo il disastro elettorale. La costruzione della coalizione sarà una partita delicata, e l’eterno regista non intende delegarla a nessuno.
Infine c’è il capitolo riforme. Il gran capo ancora non ha deciso bene cosa fare, ma già sa di dover fare i conti con una truppa riottosa e forse incontrollabile al Senato: Minzolini, con i 37 senatori che hanno firmato il suo documento, non intende fare passi indietro. Anche quella è destinata a diventare una partita difficile. Berlusconi non vuole giocarla nei panni stretti di un leader indebolito da chi gli nega la piena «legittimazione popolare». Non sarà lui a tornare indietro nel braccio di ferro con Fitto. Sarà l’ex ministro a dover decidere se andare avanti, fino all’ennesima lacerazione, o arrendersi.
Berlusconi-Fitto, ultimo match in casa azzurra
Forza Italia. L’ex governatore pugliese non arretra: basta falsità, riunione in streaming

Forza Italia. L’ex governatore pugliese non arretra: basta falsità, riunione in streaming
Pubblicato 9 anni faEdizione del 1 maggio 2014
Andrea Colombo, ROMA
Pubblicato 9 anni faEdizione del 1 maggio 2014