Indietro tutta. Berlusconi prova a tornare all’alleanza con la Lega. Per ora di deciso c’è solo l’accordo per le prossime regionali, in Veneto, con Zaia, e in Liguria, con candidato ancora da scegliere. Ma la parola d’ordine, tra i berlusconiani di provata fede, è «alleanza a 360 gradi». La lancia l’ex cavaliere in persona. La riprende un Brunetta giulivo: «Ripartiamo da tre: dall’asse con la Lega, dalla ricostruzione del centrodestra, dall’opposizione».

A frenare sono casomai i leghisti. Procedono con i piedi di piombo, un po’ per far capire chi è il più forte, un po’ perché con Berlusconi non si sa mai se reggerà a lungo una posizione. Meglio vederlo alla prova dei fatti. «Ci hanno assicurato che Fi resterà all’opposizione, ma da qui a parlare di accordo a 360 gradi ce ne passa. Intanto accettino i nostri candidati alle regionali», detta legge Salvini. Non intende solo le regioni di cui sopra ma anche la Toscana, e Berlusconi è orientato ad accettare.

La prima «prova dei fatti», comunque, sarà il voto sulla riforma istituzionale, in aula a Montecitorio a partire da oggi. Nella cena della svolta, domenica ad Arcore, presenti l’ospite e Toti per Fi, Salvini e Giorgetti per la Lega, si è parlato senza mezzi termini di ostruzionismo, di una pioggia di emendamenti e subemendamenti tale da rallentare tutto. Prima di considerare Silvio Berlusconi come il «nonno prodigo», Salvini vuole vedere se darà battaglia davvero su una riforma che sino a ieri considerava tanto sua quanto di Renzi.

Uno dei dubbi principali del leghista è destinato a risolversi presto. Riguarda la linea dell’azienda e l’eventualità, per nulla peregrina, che Berlusconi piroetti per l’ennesima volta su spinta dei soli consiglieri che ascolti davvero: Marina, Ennio Doris, Fedele Confalonieri, che si è precipitato ieri ad Arcore: dopo significativo colloquio con l’ex padrino del Nazareno, Verdini. «Fidel», come sempre, avrebbe consigliato prudenza, ma senza chiedere una retromarcia sulla scelta di ricostruire l’asse col Carroccio. Avrebbe invece insistito per tenere la politica e le faccende aziendali quanto più separate possibile. Gli strepiti del cerchio magico dopo l’emendamento sulle frequenze del digitale terrestre, «E’ una rappresaglia!», hanno solo complicato trattative già avviate. D’ora in poi, per favore, ciascuno resti al proprio posto.

La linea dura, peraltro, non basta a riportare la pace nel lacerato partito azzurro. «Ormai la frittata è fatta. Sono stati commessi errori irreparabili e serve un azzeramento totale nel partito e nei gruppi parlamentari», tuona Fitto, che non ha alcuna intenzione di mollare la presa e vuole a tutti i costi le teste degli appartenenti al cerchio magico. Ma tra gli stessi berlusconiani doc gli umori sono a dir poco incerti, perché tutti sanno che il candidato di una lista comune Fi-Lega non sarebbe Berlusconi ma Salvini. Da Gasparri alla Santanché è già tutt’un mettere le mani avanti: «Quello il voto dei moderati non può prenderlo. Non può essere il candidato».

Eppure la principale spina di Berlusconi non è l’ammutinamento del viceré pugliese né il malumore dei suoi fedelissimi. E’ l’incognita Verdini. Se il toscano è davvero pronto e deciso a passare dall’altra parte della barricata dovrà infatti farlo presto. Nonostante l’ottimismo di facciata, infatti, Renzi è seriamente preoccupato per la risorta intesa tra padani e forzisti. Insieme possono rallentare di parecchio il percorso delle riforme, ma soprattutto possono mettere a rischio la maggioranza al Senato, sulle riforme e non solo.

Il premier ha chiesto garanzie ad Alfano, ma Angelino, poveraccio, può darne sino a un certo punto. Un pezzo congruo del suo partito scalpita. Chissà se e fino a quando sarà possibile tenerlo a bada. Conclusione: urge dar vita a un nuovo gruppo al Senato, tanto più che, dopo la scomparsa di Scelta civica, il governo rischia di perdere la maggioranza nelle commissioni.

Per fortuna i frontalieri sono una costante della politica italiana e i nuovi transfughi, che il Gal Naccarato ha battezzato «gli stabilizzatori», dovrebbero essere già pronti a uscire allo scoperto in occasione del voto sulle popolari. Già, ma quanti sono? Dal Gal dovrebbero arrivare sei o sette voti. Da Sel, nonostante le voci fatte girare dal governo, nemmeno uno. Gli ex grillini sono un’incognita, ma difficilmente supereranno i cinque voti e non è neppure detto. Molto dunque è nelle mani di Verdini. Con lui, secondo i calcoli di palazzo Chigi, dovrebbero cambiare bandiera 20 senatori forzisti ma probabilmente è una stima troppo ottimista.

La verità emergerà nei prossimi giorni. Sempre che davvero, a partire da oggi, la nuova e barricadera Fi dia strenua battaglia contro la riforma istituzionale a Montecitorio.

E’ possibile, ma per nulla certo. Ieri tra i forzisti erano in molti a chiedersi: «E adesso come facciamo a bocciare una riforma che abbiamo già votato e applaudito?».