Berlusconi ha rotto gli indugi. Ieri sera ha firmato la convocazione del Consiglio nazionale per il 16 novembre, in largo anticipo sulla data prevista dell’8 dicembre. Sarà lo stesso Cavaliere, riproponendo il suo documento già approvato dall’Ufficio politico, nella riunione disertata da Alfano e dalle colombe, che si sono poi rifiutate di firmarlo.
E’ il segnale dell’offensiva. Proprio la data del Cn era stata oggetto del braccio di ferro degli ultimi giorni tra falchi e colombe. Alfano, nell’incontro ad Arcore di lunedì sera, era quasi riuscito a convincere il Furioso a rinviare lo showdown, facendo balenare di nuovo il miraggio della grazia. Martedì, quando la conferenza dei capigruppo ha fissato per il 27 novembre il voto sulla decadenza, il capo ha subodorato il trappolone («Vogliono farmi ingoiare tutto, sia la legge di stabilità che la decadenza»). Ieri, nel lungo pranzo a palazzo Grazioli con Fitto, Verdini e Matteoli, i falchi hanno aggiunto il loro pesante carico confermando tutte le peggiori paure del decadendo. Aspettare dicembre, hanno detto, vuol dire affrontare gli appuntamenti con la legge di stabilità e col voto sulla decadenza ad mani nude. Una volta passate quelle strettoie, presidente, non potrai più fare niente.
Berlusconi si è convinto, spinto anche dall’ambiguità di Alfano che muove le sue colombe come una corrente a tutti gli effetti e preme l’acceleratore su una richiesta di «democrazia nel partito» che significherebbe mettere fine al potere sovrano di re Silvio. Il documento approntato dai «governisti», che dovrebbe essere reso noto oggi e poi trasformato in mozione per il Cn, chiede proprio questo: democrazia interna e garanzia di appoggio al governo fino al 2015. Il contrario esatto di ciò Berlusconi chiedeva ad Alfano.
Dunque sarà guerra, e su tutti i fronti. La decisione di convocare gli 800 componenti del Cn per il 16 invece che per il 24 novembre rivela l’intenzione di andare allo scontro già sulla legge di stabilità, che dovrebbe essere approvata dal Senato il 22 novembre. Alfano è impegnato nel tentativo di disinnescare quella bomba convincendo Saccomanni a non ripristinare la seconda rata Imu e a non sostituirla con altre tasse. Ma anche se ci riuscirà, subito dopo si arriverà al vero scoglio insormontabile, il voto sulla decadenza.
Ieri il Consiglio di Presidenza del Senato avrebbe dovuto decidere sul ricorso del Pdl, che chiedeva l’invalidazione della seduta della Giunta per le immunità per violazione del divieto di comunicare con l’esterno da parte del M5S. Il presidente Grasso ha tenuto un bara ondeggiante più di come non si può. Ha affermato che il Consiglio non è legittimato a decidere nel caso, e che pertanto il voto della Giunta deve ritenersi valido. I componenti del Consiglio targati Pdl hanno di conseguenza abbandonato la riunione facendo mancare il numero legale, il che non ha impedito a Grasso di confermare la data del 27 novembre. Va da sé che i pdl hanno protestato rumorosamente e chiesto a Grasso una nuova riunione del Consiglio di presidenza per chiarire chi sia legittimato a discutere il loro ricorso. Ma la convocazione del Cn partita poco dopo da palazzo Grazioli dice che ormai alla strategia del rinvio in attesa della grazia Berlusconi non ci crede proprio più.