Il referendum contro gli speculatori immobiliari. La protesta per il caro-affitti scesa in strada, appesa ai balconi, incisa sui muri della capitale sempre più povera e sempre meno sexy, per dirla con l’ex borgomastro Klaus Wowereit. Con il piano per “rinazionalizzare” le case popolari svendute quindici anni fa a colossi del calibro di Deutsche Bank. E l’inarrestabile gentrificazione che fa impennare il canone mensile (+34% in tre anni) sollevando, non solo negli slogan, la domanda fondamentale: «A chi appartiene la città?».

KARL MARX ALLEE, quartiere di Friedrichshain, tre chilometri a est di Alexanderplatz. Tagliati in due dal viale a sei corsie svettano gli edifici “stile torta nunziale” costruiti nel 1961 a immagine e somiglianza dell’Unione Sovietica. Per i berlinesi rimangono sempre e comunque Arbeiterpaläste: palazzi dei lavoratori della Ddr sotto tutela architettonica della Soprintendenza. Fino a un lustro fa era un luogo abitabile; da quest’anno è un incubo per chi ci vive, come racconta Uwe Möhlenbruch, 31 anni, studente universitario intervistato dalla Berliner Zeitung. Dallo scorso giugno divide l’appartamento di 63 metri quadri con il coinquilino che, come lui, paga 505 euro al mese. Semplicemente insostenibile per migliaia di residenti nelle medesime condizioni, per la maggior parte pensionati. Da un mese hanno appeso alle finestre gli striscioni di protesta. «Affitti accessibili per tutti»; «lotta contro la speculazione» e il più che eloquente «Kommerzallee»: viale del commercio.

È UNO DEI FRONTI dove dal 6 aprile i volontari di Initiative Mietenvolkentscheid raccoglieranno le 20 mila firme necessarie per indire la consultazione che prevede il divieto per i proprietari di terreni di vendere ai grandi gruppi immobiliari insieme all’esproprio coatto degli alloggi da destinare all’edilizia residenziale pubblica. Tutto in nome dell’emergenza abitativa divenuta un’autentica piaga sociale a Berlino dove il 17% della popolazione sopravvive solo grazie ai sussidi Hartz IV.

Nel mirino, soprattutto, 65 mila appartamenti di proprietà di “Deutsche Wohnen Ag”, branca immobiliare della Deutsche Bank, in cima alla lista dei proprietari con 163mila appartamenti comprati a partire dal 2004. Il risultato? Moltiplicazione di prezzi e valori gonfiati a dismisura a proprio esclusivo beneficio. Non è l’unico esempio: a Kreuzberg i residenti sono scesi in piazza contro la costruzione del nuovo centro direzionale di Google votato all’attrazione di «professionisti qualificati», gli unici in grado di pagare i mega-affitti destinati a ripercuotersi in tutto il rione.

«EFFETTO A CATENA» spiegano i portavoce della protesta che hanno ben in mente il “modello Prenzlauer-Berg”: la zona chic di Pankow conquistata da bavaresi e svevi a suon di palate di euro. Qui gli abitanti originari si contano sulle dita delle mani: trent’anni dopo la fine della Ddr la gentrificazione è completata.

Un po’ ciò che succede a Kreuzberg, quartiere di confine della vecchia Berlino-Ovest riservato ai gastarbeiter turchi. Con il crollo del Muro i residenti si sono ritrovati da un giorno all’altro dalla periferia al pieno centro. Al punto che a Moritzplatz i valori immobiliari hanno raggiunto 5.000 euro al metro quadro: il doppio di una monofamiliare nel lussuoso quartiere di Dahlem.

Spiccioli in confronto agli 8.000 necessari nella centralissima Torstrasse o dei 15mila richiesti dalle agenzie per qualunque buco nella “City” degli affari nel cuore di Mitte. Ma in 12 mesi è esploso anche il costo dei terreni non edificati (più 12%), nonostante la compravendita di abitazioni abbia fatto registrare una flessione del 9%.

PER QUESTO IL GOVERNO della Città-Stato guidato da Spd, Linke e Verdi appoggia l’iniziativa nata dal basso ma perfettamente in linea con l’obiettivo di frenare i rincari dichiarato dal sindaco Michael Müller nel discorso di Capodanno. Di fatto, si tratta di impedire a chi possiede oltre 3.000 abitazioni l’accesso al mercato berlinese, mentre si stima che gli espropri consentirebbero di recuperare oltre 200mila alloggi. Costo dell’operazione: circa 20 miliardi di euro pubblici, necessari dopo il clamoroso fallimento della legge “calma-affitti” varata nel 2015 che ha dimostrato di non funzionare, visto che il canone medio nel 2019 corrisponde a 10,3 euro a metro quadro (+5,6% dal 2017). Con “picchi” incredibili come prova il caso della berlinese costretta a pagare ben 1.368 euro al mese per un loculo di 15 metri quadri a Friedrichshain, finita in prima pagina sulla stampa locale.

Fa il paio con la situazione nel rione di Neukölln, l’ultima frontiera della speculazione senza fine. Dal 2017 gli affitti sono schizzati del 42%, una cifra inimmaginabile per il quartiere con il più alto numero di “stranieri” della città. Qui i traslochi sono diretti ormai fuori dal confine comunale, verso i piccoli centri satellite del vicino Brandeburgo: un altro Stato.

Sarà anche per questo che (secondo i sondaggi) il referendum è appoggiato dalla maggioranza dei berlinesi. Anche se basterà il placet del 7% dei cittadini (175 mila persone) che hanno quattro mesi di tempo per far passare la consultazione popolare contro la speculazione.