Moda e Arte sono specchi, riflessi di cambiamenti sociali e di bisogni individuali, ed è proprio quello che cerca di raccontare una mostra a Berlino. Il Museo Berlinische Galerie, ha appena aperto le porte – fino al 30 maggio 2022 – a «Images in Fashion – Clothing in Art. Photography, Fine Arts, and Fashion since 1900» (https://berlinischegalerie.de/en/exhibition/images-in-fashion-clothing-in-art/)

La mostra vuole così esplorare la relazione che esiste da sempre tra moda, i tanti Movimenti Artistici, e la Società. Raccontando le diverse rappresentazioni lungo l’intero ventesimo secolo, e attraverso diverse modalità espressive, si cerca di rispondere a quattro domande fondamentali: che ruolo ha rappresentato la moda nei dipinti, disegni, nelle fotografie del secolo passato; come si sceglievano gli abiti rappresentati nei dipinti e come si vestivano gli artisti lungo gli anni, fino ad arrivare a oggi. E infine, come viene usata la moda in qualità di mezzo per arrivare all’arte contemporanea. Il percorso narrativo della mostra si racconta in modo cronologico in sezioni tematiche, e soprattutto anche attraverso le molte differenze.

E allora sono esposti lavori di grandi artisti, tra cui Anna Muthesius, Helmut Newton, Lotte Laserstein, Christian Schad, Sibylle Bergemann, August Sander, Alexandra Hopf che, con i suoi oggetti di tessuto, aveva creato divise secondo il Costruttivismo.
Oltre a numerose fotografie di moda di tutto il XX secolo, dipinti e disegni sono testimonianza del ruolo della moda come mezzo di espressione, dall’inizio del secolo per arrivare fino al ruolo dell’abito d’avanguardia raccontato anche dal fotografo Rolf von Bergmann.

Le opere, gli indumenti scelti che rappresentano una specie di finestra affacciata su momenti precisi e particolari, cercano di intrecciare il movimento di riforma della moda di inizio secolo scorso, con gli approcci artistici di inizio secolo, e anche con le creazioni avanguardiste e contemporanee di oggi. La potente forza comunicativa di circa 270 reperti raccoglie anche e soprattutto il valore semiotico dell’abito, dato che la moda raccoglie in sé, sia la creazione del designer, che anche un’immagine che trova riferimenti in epoche storiche diverse. Quindi questi reperti rivelano il potente aspetto comunicativo e il valore semiotico dell’abito, poiché la moda non è solo la creazione di un designer, ma anche un’immagine ricca di riferimenti che riecheggia il contesto di una certa epoca storica. Rispecchia diversi aspetti, anche dal punto di vista dell’illustrazione, dell’immagine estetica, della politica, degli standard di bellezza e soprattutto dei cambiamenti sociali, sorti sempre in rapporto a nuove e inaspettate tecnologie.

La perfetta combinazione di immagini e vestito era stato raggiunto dal fotografo di moda Herbert Tobias nel 1954: circondato da rovine della guerra, presentava una meravigliosa serata creata dal designer Heinz Oestergaard. Negli anni, proprio quelle rovine erano a volte diventate il palcoscenico di una Berlino che da un lato aspettava la ricostruzione, dall’altro continuava a restare ancora uno scenario di guerra. Edifici distrutti, negli anni ’80 non erano solo un luogo disegnato dagli artisti bohémiens di Prenzlauer Berg, ma anche posti liberi da vivere e ripresi dagli scatti, tra gli altri, anche di Sibylle Bergemann.

I valori culturali si trasformano e, conseguentemente, arrivano a influenzare sia l’arte che la moda. Le trasformazioni arrivano sempre più veloci e, per esempio, Anna Muthesius, avvocato, si batteva contro le costrizioni e i dettami della moda. Aveva rifiutato l’oppressione fisica del corsetto nella moda femminile, aveva creato un suo innovativo design e quindi aveva scritto un libro nel 1903, Il vestito delle donne, che incoraggiava le donne a non seguire il diktat della moda ma invece di decidere da sole come vestirsi, secondo le proprie necessità.

Ovviamente, molte nuove proposte di come riformare la moda furono pubblicate sui periodici femminili e, già negli anni ’20 si era cominciato a dare molta importanza alle illustrazioni, anche per mano di donne. Proprio Jeanne Mammen aveva cominciato a raffigurare la città di Berlino negli anno ’20, raffigurando scene di società in cui veniva spiegato cos’era una donna moderna. Un’altra donna presente in mostra è Lotte Laserstein, resa nota anche per il suo impegno nella Repubblica di Weimar e dalla sua immagine ideale di Nuova Donna. Proprio Lotte, nei suoi dipinti molto realisti, aveva sottolineato l’importanza della donna proprio negli ultimi anni, gli anni finali, di Weimar. La sua donna era emancipata e vestiva abiti sensuali e femminili.

Una grande parte dei ritratti che sceglieva di dipingere erano quasi sempre di donne, molto raramente di uomini, ed era stata riconosciuta come una grande artista del XX secolo solo negli anni ’90, quando aveva finalmente ricevuto un riconoscimento ufficiale della sua arte. Il cambiamento continuo della moda portava a quello degli stili e, nell’epoca del Modernismo, nel 1929, una delle figure chiave a Berlino era risultato essere Raoul Hausmann, raffigurato da August Sander che era arrivato a Berlino proprio per quello scatto. Intanto, l’artista Alexandra Hopf aveva creato, già nel dopoguerra, un’installazione che combinava Movimento, Luce, Suono. Nel 1980, le artiste Elvira Bach e Claudia Skoda, avevano unito l’arte con una auto drammatizzazione attraverso i vestiti, unendosi a molti altri artisti.

Parlando di espressione artistica, il movimento LGBT era stato realmente una forza importante nella Berlino tra gli anni ’70 e ’80, quando molte persone creative cercavano un modo alternativo di vita. Per gli artisti queer, l’abbigliamento era un modo per rinforzarsi e distinguersi, mentre con il proprio lavoro esploravano anche l’identità di genere, ovviamente rispecchiata anche da come sceglievano di vestirsi. E poi c’era ovviamente anche Rolf von Bergemann, che raccoglieva scene di quella Berlino. Uno dei maggiori e più importanti esponenti della fotografia artistica gay di quegli anni, oggi i suoi lavori e fotografie sono presenti alla Galleria del Berlinische. Finalmente, e per la prima volta.