Impassibili. Sono rimasti così i deputati della Linke, ieri mattina, di fronte alla provocazione (gratuita e volgare) del poeta e cantautore Wolf Biermann, icona della dissidenza nella Germania est realsocialista. Invitato come ospite d’onore ad eseguire una canzone-simbolo della lotta anti-dittatura («Ermutigung», «Incoraggiamento») di fronte al Bundestag riunito in forma solenne per celebrare la caduta del Muro di Berlino, Biermann non si è fatto sfuggire l’occasione per una violenta tirata contro il partito più a sinistra dello spettro politico tedesco: «lo squallido residuo di ciò che per fortuna è scomparso».
Ancora una volta, quindi, l’equazione «Linke uguale Ddr» utilizzata come una clava per colpire un formazione che una parte di classe dirigente tedesca continua a trattare come un’accolita di appestati nostalgici dei tempi di Ulbricht e Honecker.

Se ieri il parlamento tedesco non si è trasformato in una bolgia è stato solo per il contegno esemplare dei rappresentanti della Linke, che hanno persino applaudito la performance del cantautore. Successivamente, il carismatico capogruppo Gregor Gysi (ex cittadino della Ddr) nel suo intervento ha ignorato le parole di Biermann, ribadendo per l’ennesima volta che la Ddr è stata, anche a suo avviso, una dittatura nella quale si sono violati sistematicamente i diritti umani.

Aggiungendo, tuttavia, che il modo migliore per celebrare oggi la caduta del Muro è non solo ricordare le pacifiche mobilitazioni di allora (che videro Gysi tra i protagonisti), ma anche le differenze sociali che tuttora restano fra cittadini di quelle che un tempo furono le due Germanie. E non solo: Gysi ha opportunamente richiamato i muri che oggi continuano ad essere costruiti, fisicamente o simbolicamente, per tenere lontano gli indesiderati. Come migranti e profughi, evocati anche da un’azione di un collettivo di artisti che ha «sequestrato» le croci bianche poste ai piedi del Bundestag sulla Sprea, a ricordo delle vittime del Muro, portandole in posti dove esistono barriere anti-migranti come l’enclave spagnola di Melilla.

Lo show anti-Linke di Biermann non ha colto di sorpresa, essendo nota in Germania la sua traiettoria politica. Figlio di un ebreo comunista morto ad Auschwitz, il futuro artista emigrò intenzionalmente da Amburgo nella Ddr nel ’53, a 17 anni. Divenne una delle più importanti voci critiche «da sinistra» del regime, fino alla clamorosa privazione della cittadinanza del ’76: Biermann si trovava in tournée nella Repubblica federale e i gerarchi real-socialisti gli impedirono di rientrare. Onorato e pluripremiato, apprezzato come coscienza critica della nazione, da tempo le sue posizioni non sono più quelle del libertario di sinistra degli anni della contestazione: favorevole alla guerra della Nato contro l’ex Jugoslavia per Kosovo e poi a quella in Iraq, ora è più simile a quegli ex comunisti, diffusi da ogni parte, convertiti al neoconservatorismo.

La provocazione di Biermann non rappresenta il solo attacco alla Linke in occasione della ricorrenza di 25 anni fa. Nei giorni scorsi il Presidente federale Joachim Gauck (anch’egli ex oppositore nella Ddr) ha, in maniera inedita, rotto la neutralità che il suo ruolo imporrebbe per avanzare pubblicamente riserve sull’ipotesi che Bodo Ramelow diventi il primo esponente della Linke alla guida di un Land, la Turingia. Evocando, ovviamente, il passato. Nonostante Ramelow non abbia nulla a che spartire con la storia della Germania real-socialista (è dell’Ovest), e malgrado l’innegabile profonda elaborazione critica del passato compiuta dal partito che affonda, per metà, le sue radici nella transizione dal partito-stato Sed alla Pds dopo l’Ottantanove. Ma tant’è: la possibilità che la novità politica della Turingia (il 5 dicembre ci sarà il voto d’investitura nel parlamento regionale) generi finalmente una rimessa in movimento degli equilibri politici della Repubblica federale evidentemente spaventa i custodi dello status quo, fra i quali va annoverato il capo dello stato.

È questo il clima in cui la Germania celebra dunque domani la storica ricorrenza, che in realtà non è solo festiva: il 9 novembre è anche l’anniversario della notte dei cristalli (o «Pogromnacht», «Notte del pogrom» come dicono più correttamente i tedeschi). Era previsto che marciassero anche gruppuscoli di destra, me le manifestazioni sono state annullate: non è escluso che qualcosa capiti comunque.

Di certo, purtroppo, c’è che tra una settimana sfileranno i sedicenti «Hooligan anti-salafiti», nuova sigla dietro la quale si nascondono le frange più violente del neonazismo tedesco. Il 26 ottobre scorso misero a ferro e fuoco il centro di Colonia: ora vogliono replicare in grande stile a Berlino.