In questi giorni è uscito su Repubblica, a firma di Eugenio Scalfari, un ricordo molto amichevole di Enrico Berlinguer. Mi permetto però di osservare che egli non avrebbe accettato la definizione di “liberale” che ne dà Scalfari.

La parola ha infatti un significato molto preciso nel secolo scorso e non è così che Berlinguer si sarebbe definito; la sua diversità è proprio nell’essere stato un comunista di un tipo particolare. Può darsi che Scalfari intendesse alludere alla sua speranza di poter modificare in modo non oppressivo le regole della vita interna del partito; ma non gli fu possibile per la avversione della maggior parte del partito medesimo a questa ipotesi.

Allo stesso modo, non penso che sia esatto dire di Giorgio Amendola che “in politica estera avrebbe difeso l’Urss”: quello che ricordo con precisione è che Amendola (credo in riferimento alla tesi berlingueriana sull’ombrello Nato) dicesse: “Come alle spalle della borghesia italiana ci sono gli Stati uniti alle nostre spalle c’è l’Unione sovietica”. Non si risparmiava di dire che, salvo su questa collocazione in termini geopolitici al tempo delle due superpotenze, in Unione sovietica non avrebbe mai voluto vivere. E certo non era d’accordo con la politica estera dell’Unione sovietica nei confronti degli stati del suo campo (casi dell’Ungheria, e più recentemente della Cecoslovacchia), mentre non ebbe il tempo di esprimersi nei rapporti con l’Urss, essendo venuto a morire circa dieci anni prima della fine dell’Urss.

Amendola non era persona che la mandasse a dire: era perfino brutale nelle sue inimicizie, come noi del manifesto abbiamo motivo di sapere.

Certo, gli eredi del Pci, Ds, Pds, e infine Pd, non si sono sforzati di farne una storia, ed è una loro grave mancanza; ma su quanto sopra è possibile agevolmente documentarsi.