Era il momento più significativo del pellegrinaggio in Terra Santa di papa Francesco e tale si è dimostrato ieri sera quando, al Santo Sepolcro, il pontefice e il patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo, si sono abbracciati rinnovando le promesse del precedente di 50 anni fa: l’incontro sempre a Gerusalemme tra Paolo VI e Atenagora, che pose fine a quasi un millennio di odi e scomuniche reciproche, dallo scisma tra Chiesa cattolica e Chiesa ortodossa. I due in precedenza hanno anche firmato una dichiarazione congiunta. «Il nostro incontro fraterno di oggi è un nuovo, necessario passo sul cammino verso l’unità alla quale soltanto lo Spirito Santo può guidarci: quello della comunione nella legittima diversità», recita il documento in dieci punti, nel quale si esprime forte preoccupazione per i cristiani in Medio Oriente.

In questa regione però era e resta centrale il conflitto israelo-palestinese nel quale il papa ieri ha effettuato varie “incursioni” durante la sua visita a Betlemme, nella Cisgiordania palestinese sotto occupazione israeliana. Dopo la cerimonia di benvenuto e il colloquio con il presidente dell’Anp Abu Mazen, Bergoglio è stato salutato con calore da migliaia di palestinesi e cittadini stranieri che sventolavano le bandiere del Vaticano e della Palestina. Colma di fedeli anche la Piazza della Mangiatoia dove è stata celebrata la messa. Nel corso della funzione, al momento dello scambio del segno di pace, Abu Mazen è salito sull’altare e ha abbracciato il Pontefice. Poco dopo Bergoglio, durante l’omelia, ha invitato il presidente palestinese e quello israeliano Shimon Peres a pregare insieme per la pace a Roma. «Offro la mia casa in Vaticano per ospitare questo incontro di preghiera», ha detto. Invito accolto favorevolmente da Peres e Abu Mazen (l’incontro dovrebbe tenersi in tempi brevi) e che è stato descritto come un intervento di papa Francesco a sostegno della ripresa di trattative che le due parti non vogliono. Le buone intenzioni del pontefice in ogni caso rischiano di rivelarsi poco concrete.

A che titolo e con quale obiettivi Peres incontrerà Abu Mazen? Il capo di stato israeliano, giunto alla fine del suo mandato, non può attribuirsi poteri che non ha e deve tenere conto che il premier israeliano Netanyahu non ha alcuna intenzione di negoziare con Abu Mazen, dopo l’accordo di riconciliazione palestinese Fatah-Hamas raggiunto il mese scorso. Appena qualche giorno fa si è appreso che Netanyahu “ha bloccato” nei mesi scorsi un tentativo informale di Peres di sbloccare il negoziato con i palestinesi. Di complessa lettura sono state altre iniziative e dichiarazioni fatte ieri da papa Francesco. Bergoglio durante il giro in auto per le strade di Betlemme, tra due ali di folla in festa, ha chiesto all’autista di fermarsi accanto al Muro costruito da Israele in Cisgiordania e che divide Betlemme da Gerusalemme. Quindi è sceso e si è fermato a pregare brevemente accanto alla barriera di cemento armato. Un gesto che ha raccolto l’entusiastica approvazione dei palestinesi.

Successivamente il papa ha lanciato un appello affinchè «Si raddoppino gli sforzi e le iniziative volte a creare le condizioni di una pace stabile, basata sulla giustizia, sul riconoscimento dei diritti di ciascuno e sulla reciproca sicurezza». Appello che ha rinnovato nel tardo pomeriggio a Tel Aviv dove ha espresso aperto sostegno alla soluzione dei due Stati, Israele e Palestina. Al campo profughi di Dheisheh i bambini lo hanno accolto alzando cartelli per una protesta silenziosa contro l’occupazione israeliana e a favore del diritto al ritorno. Il papa ha replicato di «comprenderne» le ragioni ma ha esortato i bambini a mettere da parte il passato e a «guardare avanti». Oggi è prevista in Israele la terza e ultima tappa, dopo Amman e Betlemme, del viaggio in Terra Santa del papa che deporrà, a Gerusalemme, una corona di fiori sulla tomba di Theodor Herzl, il “padre” del movimento sionista e visiterà il memoriale dell’Olocausto e avrà colloqui con Peres e Netanyahu. In serata il rientro a Roma.