«Questa economia uccide». Lo ha ribadito papa Francesco durante la tradizionale conferenza stampa ’volante’, sull’aereo che lo ha riportato in Vaticano dopo il viaggio in Ecuador, Bolivia e Paraguay.

È stata affrontata, fra le altre, la situazione della Grecia, sebbene sommariamente: non si sapeva ancora dell’accordo di Bruxelles. Il circuito mortale prestito-debito è senza via di uscita, «non finisce mai», ha detto Bergoglio. «I governanti greci che hanno portato avanti questa situazione di debito internazionale hanno una responsabilità», ha aggiunto, riferendosi agli esecutivi precedenti a quello di Tsipras. «Col nuovo governo si è andati verso una revisione un po’ giusta. Mi auguro che trovino una strada per risolvere il problema e una strada di sorveglianza perché altri Paesi non ricadano nello stesso problema, perché la strada del prestito e dei debiti non finisce mai». Un sistema «terribile», in cui «tutti i Paesi hanno debiti e vi sono alcuni che hanno comprato i debiti di altri. E’ un problema mondiale».

Un giornalista tedesco “rimprovera” al papa di aver pronunciato tanti discorsi a favore dei poveri e parole severe nei confronti di ricchi e potenti, trascurando i ceti medi. Ecumenica, ma non troppo, la riposta: «Il mondo è polarizzato fra ricchi e poveri, la classe media diviene più piccola, il numero dei poveri è grande. Parlo dei poveri perché è al cuore del Vangelo. Sulla classe media ho detto alcune parole en passant, approfondirò di più».

Confermato il sostegno ai movimenti popolari, con i quali, in Bolivia, c’è stato il secondo incontro internazionale, dopo quello di ottobre in Vaticano. «Si organizzano non solo per protestare, ma per andare avanti e poter vivere – ha spiegato Francesco -. Non si sentono rappresentati dai sindacati, perché dicono che i sindacati non lottano per i diritti dei più poveri. La Chiesa non può essere indifferente, dialoga, non fa una opzione per la strada anarchica, anche perché i movimenti non sono anarchici».

Svelato dal papa il “giallo” sul crocifisso a forma di falce e martello (disegnato da padre Luis Espinal, gesuita spagnolo missionario in Bolivia, seguace della teologia della liberazione e fautore dell’analisi marxista della realtà – criticata da Bergoglio – rapito, torturato e ucciso dai paramilitari nel 1980) che gli ha donato il presidente boliviano Evo Morales e che secondo molti media il papa avrebbe lasciato nel santuario della Madonna di Copacabana: «Non è stata un’offesa», ha detto, il crocifisso «viene con me».