Come sempre il 33 viene utilizzato per capire lo stato di salute. Nel caso del Bergamo Film Meeting indica il numero dell’edizione del festival e lo stato di salute di un certo cinema che con felice intuizione nella presentazione è stato definito «delatore di realtà», perché si tratta di indagare e scavare su tutto quanto si muove e molti vorrebbero tenere celato (sentimenti, passioni, misfatti). Su una invece tace perché i responsabili hanno deciso di praticare l’epochè, traslitterazione dal greco che significa sospensione del giudizio, scettico riferimento alle tribolazioni legate ai finanziamenti. C’è poi da ricordare, e subito è stato fatto in presentazione, Sandro Zambetti amico e maestro che lo scorso anno ha salutato tutti definitivamente. Sandro, armato di sigaro, curiosità e generosità è stato l’instancabile motore di tutte le passioni cinematografiche nate a Bergamo, da Cineforum a Lab 80, allo stesso Film Meeting alla fondazione Alasca un nome che fa affiorare un aneddoto che risale al 1980 quando Pedro Almodovar presentò a San Sebastian il suo primo film, Pepi Luci Bom y otras chicas del monton.

Tra il variopinto corteo al seguito del film c’era anche il gruppo musicale Alaska y los Pegamoides, e subito Sandro con il suo seguito di cineamatori bergamaschi, e non, fu soprannominato Zambetti y los bergamoides. All’insegna di «una modesta utopia» si snoda il programma di questa edizione (dal 7 al 15 marzo, www.bergamofilmmeeting.it) che spazia come da tradizione. In concorso sette film di giovani autori provenienti da diversi paesi europei. Poi Visti da vicino, sedici documentari con l’integrazione di quattro titoli From the North provenienti da Norvegia e Finlandia in collaborazione con il Trømso Film Festival e dalla ricognizione dei corti documentari provenienti dalle scuole europee di cinema The Best of Cilect Prize in Doc.

«Europa: femminile, singolare» mette a fuoco i lavori di quattro cineaste. La britannica Andrea Arnold, la bosniaca Aida Begi, l’ungherese Ágnes Kocsis e la portoghese Teresa Villaverde che avranno modo anche di incontrare il pubblico. Così come farà Pavel Koutský, maestro ceco del cinema d’animazione contemporaneo da noi praticamente sconosciuto. Sia Villaverde che Koutský parteciperanno a una trasferta incontro milanese in collaborazione con la Civica Scuola di Cinema e con l’Istituto culturale Ceco.

Poi tre anteprime a diverso titolo interessanti. Il documentario The Green Prince – Il figlio di Hamas di Nadav Shirman, sul rapporto scivoloso e pericoloso tra un funzionario israeliano dello Shin bet e Mosab Hassan Yousef , figlio di uno sceicco tra i fondatori di Hamas. Walking with Red Rhino di Marilena Moretti si spiega con il sottotitolo A spasso con Alberto Signetto, un altro simpatico e arruffato amico che lo scorso anno ha intrapreso nuovi sentieri in altri mondi.

Infine Une nouvelle amie – Una nuova amica il film di François Ozon che ha ottenuto un premio proprio al Festival di San Sebastian (tutto si tiene). E ancora, imperdibile, National Gallery di Frederick Wiseman che viene presentato in collaborazione con l’Accademia Carrara che riaprirà i battenti verso la fine di aprile dopo anni di chiusura per lavori di restauro. E sempre nell’ottica delle collaborazioni ecco quella con Bergamo Jazz che si concretizza con la proiezione di Eva di Joseph Losey, con Jeanne Moreau e una colonna sonora da antologia e La bambola di carne di Lubitsch con accompagnamento musicale dal vivo del duo Mosè Chiavoni e Luciano Biondini.

A concludere il programma due retrospettive, una dedicata al Polar francese (dal ’40 al ’60, con titoli di Clouzot, Dassin e altri) e «Dopo la prova: schermi e palcoscenico», una manciata di titoli che rileggono il rapporto tra grande schermo e teatro.