Da più di un anno è rinchiuso in una prigione della Guinea Equatoriale accusato di frode fiscale e senza avere la possibilità di contattare le autorità italiane. E’ la storia, drammatica, di Roberto Berardi, un imprenditore italiano di 49 anni condannato a due anni e 4 mesi di carcere o al pagamento di 1,2 milioni. Berardi si trova dal 14 gennaio scorso in una cella di isolamento, priva di finestre e quindi costretto a vivere al buio, ed è stato più volte sottoposto a violenze fisiche da parte degli agenti. Lunedì sera l’imprenditore, grazie a un cellulare, è riuscito a mettersi in contatto con il senatore Luigi Manconi, presidente della Commissione Diritti umani del Senato, al quale ha chiesto di intervenire in suo aiuto.
Berardi ha raccontato di trovarsi nel carcere di Bata, una città costiera situata nella regione del Rio Muni, unico europeo su circa 270 detenuti. La sua storia comincia nel 2011 quando costituisce l’impresa edile Ebola Construction in società, come previsto dalle leggi locali, con Teodoro Nguema Obiang Mangue, detto Teodorin, figlio del dittatore Teodoro Obaing Nguema Mbasogo, al potere dal 1979 grazie a un colpo di stato. Tutto procede liscio fino a quando non si accorge che qualcosa non va nei conti della ditta. Mancano infatti dei soldi, dei quali chiede conto a Teodorin. Da sottolineare che Teodorin è ricercato dalla Francia per appropriazione indebita di fondi pubblici e riciclaggio. La sera stessa alcuni agenti entrano nell’abitazione di Berardi e, dopo averlo preso a schiaffi, lo strappano alla moglie e ai figli trascinandolo in prigione dove più volte è stato frustato e preso a bastonate.
A Manconi l’imprenditore ha poi raccontato le condizioni in cui è costretto a vivere. Chiuso in cella 24 ore su 24 parlando solo con gli agenti che, una volta al giorno, gli portano il cibo insieme a un secchio d’acqua. Berardi chiede che il governo italiano intervenga facendo pressioni perché possa finalmente tornare in Italia e dalla sua famiglia.