Alberto Airola, senatore dal 2013, tra i pionieri del M5S, è tra i più ostili al compromesso sulla riforma della giustizia. E la aspetta al varco in Senato: «Io mi sono turato il naso troppe volte per senso di responsabilità verso i governi che abbiamo sostenuto, sono andato al di là del mio senso etico. Adesso è il momento di dire basta».

In Senato vi opporrete?

Pur con sfumature diverse il nostro gruppo è compatto. La riforma Bonadefe è uno dei nostri pilastri, insieme al decreto Dignità e al reddito di cittadinanza. Sul Dignità c’è stata una proroga di un anno per i contratti a termine senza causali, un regalo a Confindustria. Ora mi aspetto che provino a smantellare anche il Reddito. Per noi è una situazione insostenibile, siamo nelle sabbia mobili e bisogna fare di tutto per uscirne.

Dunque vi preparate a votare no alla riforma Cartabia?

I nostri ministri non dovevano votare questa riforma. Ora sento che dicono “abbiamo fermato una cosa peggiore”. Non va bene, è come dire abbiano lasciato 40 feriti sul campo ma ce la siamo cavata. Ci stanno colpendo perché siamo divisi e in confusione, per il vuoto di leadership. Questa cosa della giustizia è una dichiarazione di guerra. I nostri ministri si sono comportati in modo non chiaro: e la confusione mi fa dubitare della buona fede.

Lei ha votato la fiducia a Draghi. È deluso?

Molto più che deluso, sono furioso. Il partito di maggioranza relativa viene trattato ormai senza alcun ritegno. Per questo ritengo che dovremmo porre con serietà al premier il tema della nostra permanenza nella maggioranza. Lui finora ha tirato la corda perché se l’è potuto permettere, perché è mancata una reazione adeguata da parte nostra.

Vorrebbe uscire dalla maggioranza?

Porre un aut aut chiaro: se tocchi i pilastri della nostra azione di governo noi ce ne andiamo. Il governo resterebbe in piedi lo stesso, ma sarebbe molto diverso: un governo Pd-centrodestra, senza il M5S, non sarebbe più un governo di larghe intese. Noi siamo una sorta di cuscinetto, se ce ne andiamo ci sarebbero seri problemi per Draghi e per il Pd.

Conte ha questo obiettivo?

Se lui fosse il leader del Movimento sono sicuro che la nostra voce si sentirebbe in modo molto più forte. Se però noi non ci opponiamo è ovvio che Draghi tira dritto: lui fa il suo mestiere, risponde a precisi interessi e poteri. E io ritengo che i margini per sostenere questo governo non ci siano più.

L’ha stupita che Grillo il rivoluzionario sia quello che punta a mediare e Conte no?

Visti i comportamenti recenti di Beppe non so più cosa pensare. So però che alla Camera tra i nostri c’è un gruppo robusto che non vuole affossare questo governo. Ma al Senato è diverso.

Alla fine la scissione ci sarà sulla giustizia?

Vedremo, domani (oggi, ndr) ci sarà una assemblea dei parlamentari con i ministri. Magari ci saranno dei chiarimenti, delle retromarce. Ci calmeremo.

Oppure?
Spaccarsi non conviene a nessuno, e fondare un nuovo partito dal nulla è molto complicato. Spero in un accordo perché abbattere il M5S sarebbe un delitto anche per il Paese. Ma un compromesso significa che Conte deve poter esercitare la sua leadership fino in fondo, non fare la figurina.

In questa vicenda della giustizia Draghi si sarebbe confrontato direttamente con Grillo.

Se lo ha fatto Beppe ha sbagliato. La nostra nave sta affondando, non si salva mettendoci delle toppe. O rinnegando le nostre battaglie. Ci salviamo se recuperiamo credibilità, se stiamo lontano dai giochi di potere.

Il suo pensiero è condiviso nel gruppo del Senato?

Sostanzialmente sì, diciamo che io sono molto esplicito perché sto qui da 8 anni, ormai ne ho viste tante. E ho capito che se il M5S esce da questa maggioranza non è una piccola cosa. Finirebbe l’illusione del governo di tutti, resterebbe il patto del Nazareno con in più Salvini.

Lei seguirebbe Conte in un nuovo partito?

Credo di sì, ma credo anche che non ci sarà alcuna scissione. Conte e Grillo troveranno un accordo.