Dice di essere «oltre Hitler». Ripete ancora una volta la storiella delle forze dell’ordine che ormai sarebbero tutte schierate con il movimento. Attacca Napolitano e Renzi, ma anche Shulz e la Merkel alla quale non risparmia una volgarità a sfondo sessuale. E promette, in caso di vittoria, un processo in rete ai politici «per vedere come hanno speso i nostri soldi». Ormai Beppe Grillo non lo ferma più nessuno, almeno a parole. A Torino, dove tiene un comizio per le elezioni europee ma anche per sostenere il candidato 5 stelle alla presidenza della Regione Piemonte, il leader del movimento comincia l’ultima settimana di campagna elettorale puntando come al solito molto poco sui contenuti e tantissimo sul malcontento degli elettori. «Siamo in piazza per vincere e queste europee le abbiamo già vinte», urla tra gli applausi della folla.
Il capoluogo piemontese è una tappa importante per il «Vinciamonoi tour» del comico genovese. E non solo perché domenica prossima insieme al voto europeo c’è in ballo anche la presidenza della regione, dove il candidato grillino Davide Bono dovrà vedersela con il pd Sergio Chiamparino. Bensì perché Torino è la città in cui il 25 aprile del 2008 si tenne il secondo V-Day con un’affollatissima piazza San Carlo che servì a lanciare definitivamente il movimento. E se ieri non c’erano le 50 mila persone di sei anni fa, è pur vero che sono accorsi in molte migliaia a piazza Castello per assistere al comizio del leader che arringa tutti da un palco montato proprio di fronte alla sede della giunta regionale.
Contrariamente a quanto fatto finora negli altri comizi, dove non ha esitato a far leva anche su tematiche locali, a Torino Grillo prende di mira soprattutto Martin Schulz, il candidato del Pse alla presidenza della commissione europea che lo aveva paragonato a Stalin. «Lui che è tedesco dovrebbe ringraziare Stalin – dice – perché se non fosse per Stalin, che ha sconfitto i nazisti, Schulz starebbe in parlamento europeo con una svastica disegnata sulla fronte». I nazisti sono anche il pretesto per rispondere a Silvio Berlusconi che lo ha paragonato a Hitler e per rivendicare ancora una volta al movimento l’aver fatto da argine a estremismi di destra.- «Io non sono Hitler, sono oltre Hitler», urla dal palco. «Se non ci fosse il movimento 5 stelle ci sarebbero i nazisti».
Non mancano ovviamente gli attacchi a Matteo Renzi. Prima per le politiche del premier in Europa: «L’ebetino è andato a dare due linguate a quel culone tedesco della Merkel», dice facendo suo lo stesso insulto rivolto alla cancelliera tedesca da Berlusconi. Poi per i cori con cui il premier viene accolto nelle sue visite alle scuole. «Portano i bambini in piazza e gli fanno gridare ‘Matteo, Matteo’», prosegue il leader. «Bisogna prendere quelle maestre e licenziarle in tronco perché non possono fare queste cose con i bambini». Al presidente Napolitano, invece, rinfaccia ancora ancora una volta di aver incontrato il leader di Forza Italia. «Io non mi stupisco quando allo stadio fischiano l’inno di Mameli – dice – Fratelli d’Italia, ma fratelli di chi? Dei piduisti, dei massoni, della camorra? Io invece inorridisco quando il presidente della Repubblica riceve al Quirinale un condannato in via definitiva».
Non poteva mancare, infine, l’appello alle forze dell’ordine. Del resto proprio dopo un gesto compiuto da alcuni poliziotti a Torino, quando si tolsero il casco davanti ai manifestanti in quello che sembrò un atto fatto per rasserenare gli animi, Grillo cercò inutilmente di ingraziarsi poliziotti e carabinieri. Ieri ci ha riprovato. «La Digos è tutta con noi, la Dia è tutta con noi, i carabinieri pure», afferma. «Noi facciamo un appello, non date più la scorta a questa gente, perché non ce la fanno più a scortare quella gente al supermercato o al festival». Poi la solita minaccia di un processo pubblico: «Quando vinceremo – dice – faremo un’indagine per vedere come hanno usato i nostri soldi, poi faremo un processo pubblico, sulla rete, non violento, e voteremo caso per caso quei politici, quei giornalisti e quegli imprenditori che hanno disintegrato queste tre categorie». Infine c’è spazio anche per parlare di Europa. «Non tratteremo mai sul fiscal compact», assicura insieme alla promessa di un referendum per decidere se uscire dall’euro.