Se il flebile margine di trattativa sulle sorti del governo che si è determinato nelle ultime ore dovesse saltare, si arriverebbe all’atto pratico di quello che Matteo Renzi pare definisca «lo schema Grillo-Travaglio»: la conta al senato.
Beppe Grillo, dopo settimane di silenzio, ha scelto di esternare la sua posizione e dire che la pazienza ha un limite. «Le porte sono aperte, vattene», dice il co-fondatore del Movimento 5 Stelle e grande sostenitore di questo governo fin dalla nascita contro le titubanze dello stesso Luigi Di Maio, in un testo che appare sul suo blog e la cui nettezza è appena ammorbidita dal riferimento classico ciceroniano della congiura di Catilina.
Si vedrà se la posizione di Grillo farà da apripista, ma nei 5 Stelle questa nettezza nei giorni scorsi non è emersa affatto. Il corpaccione dei trecento parlamentari, nel corso delle ultime assemblee dei gruppi della camera e del senato, ha fatto capire in tutti i modi che di elezioni non ne vuole sapere e ha dato mandato ai vertici di cercare quasi ad ogni costo una mediazione con Renzi, anche cambiando la compagine di governo.
Ma i «vertici», in una fase che richiederebbe colpo d’occhio e rapidità di esecuzione, non agiscono in condizioni chiare. All’inizio di questa legislatura, quando ha scelto quasi a prescindere di andare al governo, il M5S ha traslocato tutte le sue teste di serie in parlamento dentro l’esecutivo.
C’è il reggente Vito Crimi, che insieme al capodelegazione Bonafede ha manifestato pieno appoggio a Conte e insieme a lui si è detto indisponibile ad andare al Quirinale senza garanzie precise. C’è l’ex capo politico e ministro degli esteri Di Maio, che ha palesemente disertato ogni esternazione e che, ormai se ne sono accorti anche i meno maliziosi, non pare strapparsi i capelli di fronte al logoramento di Giuseppe Conte. C’è il ministro allo sviluppo economico Stefano Patuanelli che per pochissimo ha provato a perseguire la linea delle elezioni anticipate. Si è scontrato con il malumore dei parlamentari ma anche con il problema tecnico fatto notare nelle alte sfere: in queste condizioni, in mezzo al guado della sua evoluzione e nel pieno della difficile separazione da Casaleggio, il M5S avrebbe problemi anche solo a compilare le liste e assegnare la (limitata) porzione di seggi rimasta ad aspiranti deputati e senatori.
In ballo c’è la governance del M5S: chi decide cosa? Perché il Conte Bis nasce nelle calde serate di agosto 2019, anche grazie alla spinta dei gruppi parlamentari grillini e della minoranza interna che seppe prendere la situazione in pugno e approfittò del momento di difficoltà di Di Maio per il fallimento dell’alleanza colla Lega per traslocare col centrosinistra. Allora sembrò che la testa pensante del M5S avrebbe potuto essere proprio quella specie di assemblea permanente. Questa crisi, e le sue evoluzioni, tra le altre cose, dirà in che modo quell’equilibrio si è consolidato.