La settimana prossima non sarà facile per il governo Letta, stretto tra le minacce di Forza Italia per la decadenza di Berlusconi (il voto è calendarizzato per il 27) e la nuova strategia di Ncd, con Angelino Alfano che chiede di non mettere la fiducia e di votare invece normalmente, facendo così slittare «naturalmente» il voto sulla decadenza. Tra l’altro proprio questo finesettimana si dovrebbe concludere il lavoro sugli emendamenti in Commissione Bilancio del Senato, perché la legge di stabilità dovrebbe essere messa al voto in Aula. Quindi, per uno svolgimento «meno complesso» possibile, sarà necessario chiudere definitivamente una partita che crea tensioni tra il Pd e gli alleati del centrodestra, quella dell’Imu: martedì il consiglio dei ministri dovrebbe decidere, dopo che la misura ha subito una sospensione e un rinvio giovedì scorso.

Ieri circolava una bozza secondo la quale il governo sarebbe determinato a confermare quanto emerso nelle ultime settimane: per eliminare l’ultima rata, il cui valore è pari a 2,4 miliardi di euro, si ricorrerà a un aumento degli acconti fiscali dovuti dalle banche e dalle compagnie di assicurazione e a un rincaro delle accise sulla benzina (questa ultima misura a partire però dal 2015).

Nella bozza si legge che si prevede l’aumento al 128% per il 2013 (mentre è al 127% per il 2014) dell’acconto Ires per banche e assicurazioni; per le società l’acconto viene aumentato dal 100% al 101%. Per quanto concerne gli aumenti delle accise su benzina e gasoli, invece, si legge che mirano a «determinare maggiori entrate nette non inferiori pari a 1.505 milioni di euro per l’anno 2015 ed a 42,2 milioni di euro per l’anno 2016». Il rincaro delle accise sui carburanti, però, è al momento considerato in una clausola di salvaguardia nell’ipotesi che nel 2014 non arrivino le risorse attese dalla rivalutazione delle quote di Bankitalia.

Questa ultima partita, ovvero l’aggiornamento del valore delle quote di Bankitalia in mano alle banche, non porterebbe però soldi da spendere nell’immediato, ma per il 2014 l’erario potrebbe incassare qualcosa come 1,2 miliardi di euro: oggi infatti le quote sono ferme a un valore ormai solo simbolico, risalente al 1936 (è la traduzione del valore fissato allora, pari a 300 milioni di lire); con la rivalutazione, passerebbero a valere tra i 5 e i 7,5 miliardi, il che significherebbe due vantaggi insieme: le banche detentrici delle quote vedrebbero riconosciuto nelle proprie casse un maggiore patrimonio (tanto più che con l’altra mano il governo aumenta gli acconti Ires dovuti), e nello stesso tempo aumenterebbe l’imposizione fiscale, rendendo quindi di più allo Stato.

Martedì, in parallelo alla decisione sull’Imu, dovrebbe arrivare l’ok alla rivalutazione, che aveva bisogno di un passaggio presso la Bce. Resta ancora aperto però il problema di reperire circa 400 milioni per l’esenzione dei terreni e fabbricati agricoli: la ministra dell’Agricoltura Nunzia De Girolamo, per competenza, ha insistito perché in qualche modo si recuperino.

Intanto dall’Europa è arrivato un giudizio sulle privatizzazioni decise dal governo, da cui si punta a ricavare 12 miliardi di euro: il commissario agli Affari economici Olli Rehn ha apprezzato che si miri a ridurre il debito (fine principale per cui si è deciso di varare il pacchetto), ma ha aggiunto che si tratta di una misura una tantum e che invece all’Italia servono «misure strutturali». Il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni ha ribadito che «molte cose come le privatizzazioni, la spending review e il progetto quote Bankitalia, secondo noi rispondono alle richieste della Ue».

Successivamente Saccomanni ha difeso un’altra misura che il governo è intenzionato a varare, ovvero un nuovo incentivo (molti parlano dell’ennesimo condono) a far rientrare i capitali dall’estero: «Non è un condono e neppure uno scudo». Ma in effetti, seppure meno sfacciato di quello varato allora dal ministro Giulio Tremonti (perché non prevede l’anonimato e pone un’aliquota/penale del 12% invece del 5%), resta comunque parecchio conveniente per chi ha evaso (negli altri paesi europei si paga il 20-25%).

Infine, c’è da registrare il passo indietro del governo sull’«emendamento stadi», quello che avrebbe permesso la costruzione di nuovi stadi, con palazzi, negozi, centri commerciali intorno, aperti h24: l’esecutivo ha deciso che non lo presenterà più, Ma il premier Letta non si è arreso e probabilmente presto presenterà una nuova misura simile, solo un po’ «ripulita» di alcuni punti che avevano mosso le critiche degli ambientalisti.