Una campagna mediatica monstre che dura da oltre un anno – con teaser annunciati a cadenza mensile in rete così come le star messe sotto contratto. È sì perché il debutto televisivo – o meglio seriale – di M. Night Shyamalan e del protagonista – Matt Dillon – non poteva che nascere intorno a un’idea forte. E Wayward Pines indubbiamento lo è sia per il fatto di essere tratto da un cult per gli appassionati di thriller paranormale – lo script si basa infatti sul best seller di Blake Crouch I misteri di Wayward Pines – sia perché l’episodio pilota che viene lanciato il 14 maggio alle 21 su Fox e in contemporanea mondiale in altri 125 paesi, gioca su diversi piani omaggiando a più riprese Twin Peaks, con riferimenti alla deriva claustrofobica in cui precipita Jim Carrey in Truman Show e la catarsi di alcuni romanzi di Stephen King. Dieci episodi di una serie che si autoconclude, in cui si muovono i personaggi che popolano l’immaginaria cittadina di Waynard Pines, immersa in una foresta sulle rive di un lago (le riprese sono state effettuate in Canada, nella Columbia britannica).

Il prologo è la scomparsa di due agenti dell’Fbi sulle cui tracce viene inviato il collega Ethan Burke (Dillon). Ma prima di arrivare sul luogo della scomparsa, viene coinvolto in un grave incidente. Si risveglierà in uno spettrale ospedale dove è unico paziente «soccorso» da un’infermiera (Melissa Leo) che manifesta lo stesso spirito caritatevole di Kathy Bates in Misery non deve morire. Ma è solo l’inizio dell’incubo; nella misteriosa cittadina non si riesce a telefonare, l’identità dell’agente viene messa in forse e le autorità (lo sceriffo (Terrence Howard, protagonista anche in Empire) gestiscono la sicurezza in modo alquanto opinable. E soprattutto, Wayward non consente vie di fuga: è circondata da una grigia e cupa barriera elettrificata…

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«Ho sempre avuto paura del piccolo schermo – confessa Dillon nel corso di un incontro con la stampa alla vigilia del lancio della serie – perché per bene o male che sia un film ti permette di definire un personaggio, in tv non sai mai cosa si nasconda dietro l’angolo». Ma questo era vero in passato, ora la serialità è sempre più strutturata quasi fosse un lungo film in cui la storia e i suoi caratteri possono crescere: «L’esperienza con Shyamalan è stata importante e mi ha fatto ricredere sui pregiudizi legati alla serialità. La scrittura ti consente di dare ancora di più al personaggio, perché i suoi contorni e la sua vita crescono in parallelo al copione. E per una storia così il mezzo televisivo è quello migliore per raccontarla…».

L’agente Burke è un carattere complesso: «Vive sensi di colpa irrisolti – sottolinea Dillon – dopo una missione contro alcuni terroristi. Ha una moglie (Theresa Burke) che ha tradito e ora non sa se quello che sta vivendo è un incubo o realtà». Intorno personaggi borderline, la collega Kate Hewon (Carla Cugino): la reincontra nella città e la donna gli confessa di essere finita a Wayward proprio come è accaduto a lui, dopo un incidente. E mentre la moglie e il figlio adolescente si mettono sulle sue tracce, nella vita di Ethan si affaccia un’altra presenza femminile Beverly (Juliette Lewis). Mistero dark e soprannaturale e in diversi frangenti parecchia ironia, è il segno distintivo di Shyamalan che, come Dillon, è sempre stato diffidente nei confronti del mezzo televisivo: «Mi è stato proposto in passato di occuparmi di serie, ma ho sempre avuto l’impressione che non fosse nelle mie corde. Ma ora le cose sono cambiate completamente. C’è stata un’evoluzione in positivo, basti pensare a I Soprano o a Mad Men. La tv oggi è sulla bocca di tutti, è argomento di discussione. E quando la Fox mi ha chiesto di realizzare questa serie, ho pensato fosse giunto il momento. La sceneggiatura poi mi ha rassicurato del tutto».