A Paolo Benvegnù piace indagare. Tre anni fa con Hermann affrontava un ambizioso escursus sul tema dell’uomo, parlando di evoluzione e più spesso di involuzione. Ora in Earth Hotel (Woodworn/Audioglobe) indaga sull’amore e dintorni. Ma c’è poco zucchero e rime struggenti nelle dodici nuove composizioni dell’ex Scisma, piuttosto una declinazione su vari stati animo, sotto vari punti di vista e in luoghi dove esso si espande e si consuma.

«Racconto – spiega il musicista toscano – di ogni tipo di amore. È la prima volta che parlo di sentimenti in passato ho sempre avuto paura di andare in profondità. Quanto mi è accaduto in questi anni mi ha imposto una riflessione. E la decisione di parlare d’amore è arrivata così senza volerne parlare ma gradualmente, forse perché nel corso della mia vita l’ho negato a me stesso e alle persone che mi stavano intorno. Quello che mi è uscito alla fine è un inno all’amore». Musicalmente è un disco fluido con molta più ricerca melodica che in passato e un uso delle chitarre acustiche – nella conclusiva Sempiterni sguardi e primati – oseremmo dire gioioso…Anche se Paolo viaggia tra alberghi e case, transatlantici e treni, le canzoni restano sempre con i piedi ben piantati per terra e nel nostro squassato contemporaneo.

«Sono partito da questo momento storico, dalla decadenza del post capitalismo, delle post ideologie e comunque da argomenti di cui discutiamo un po’ tutti per proiettare poi le canzoni in un futuro magari utopico dove ci si scontra di più, ma si riesce in qualche modo a darci qualche speranza. È un lavoro quasi inconscio, sono storie uscite parola per parola, accordo per accordo». Il nuovo sonetto maoista è un attacco pesante alla globalizzazione e un’accusa anche al sindacato…

«Sì, stavo pensando al mondo in cui siamo precipitati, sembra di stare nel 1800 quando nelle fonderie ti potevano licenziare liberamente. È l’effetto Feed the distruction, nel senso che sono i ‘danni collaterali’ del nuovo mondo dove a dominare sono piccoli clan di potere e il resto siamo noi. L’unico modo di uscire da questa forma prefigurata da secoli è avere uno sguardo altro, aprirsi agli altri».

E in qualche modo Sempiterni sguardi e primati si apre all’ipotesi di un futuro migliore… «Sì, ma la parola speranza va usata, specialmente in Italia, facendo molta attenzione… Diciamo che potremmo essere felici, ma non è facile parlare di speranza quando i figli sanno che li aspetta un futuro con meno diritti dei loro genitori. Dove è più una corsa alla sopravvivenza. E una delle cause del nostro stato attuale è proprio la perdita di ideologie che va di pari passo con la perdita di coraggio. E di memoria, perché più la memoria diventa corta più il pensiero si fa corto…». Dal 31 ottobre Earth Hotel va in tour: prima tappa l’Auditorium parco della Musica di Roma.