Il regime algerino prova in tutti i modi a restare in sella ma la risposta delle piazze è la stessa: ieri, non appena il parlamento ha confermato il presidente del Senato Abdelkader Bensalah a presidente ad interim, gli algerini sono scesi in strada a protestare.

Il 22 febbraio gridavano «No 5», al quinto mandato di Bouteflika. Sospese le elezioni, «no al 4+», al quarto mandato esteso a tempo indeterminato. Ora, con Bouteflika piegato alle dimissioni, il no è alle tre B, i tre rappresentanti di quel sistema di potere di cui Bensalah è parte. La costituzione prevede un interim di 90 giorni e poi nuove elezioni.

E difatti Bensalah era stato subito nominato dal Consiglio costituzionale (la seconda B, il suo presidente Belaiz. Il terzo è il premier Bedoui). Ieri i parlamentari hanno votato a favore, ma solo una parte: le opposizioni hanno boicottato il voto. «Il dovere nazionale mi chiede di assumere la pesante responsabilità di una transizione che permetta al popolo algerino di esercitare la propria sovranità», il commento a caldo di Bensalah.

Fuori, però, i manifestanti sventolavano cartellini rossi con su scritto «Tutti devono essere rimossi». La polizia (finora molto cauta) ha cercato di disperdere il corteo con lacrimogeni e cannoni ad acqua. E in serata il capo di stato maggiore Gabi Salah, fautore in qualche modo delle dimissioni di Bouteflika, ha emesso una nota inquietante: l’esercito farà il necessario per garantire la pace.