Cuba vive una fase storica cruciale. Da più di cinque anni è in corso un processo di modernizzazione (riforma) del socialismo cubano che sta aprendo l’isola all’iniziativa privata, interna ed estera, e che – nel prossimo congresso del Pc – si prepara a riforme costituzionali. Dal dicembre dell’anno scorso, queste riforme evolvono in un processo di ristabilimento delle relazioni diplomatiche con gli Stati uniti, dopo cinquant’anni di guerra fredda tra i due paesi.

Sorgerà una nuova Chiesa cattolica, capace di accompagnare il popolo cubano in questa fase storica? È quanto ci si chiede dopo l’annuncio della prossima visita a Cuba, a settembre, di papa Francesco. E alla vigilia del l’incontro previsto per domenica prossima in Vaticano tra il papa e il presidente cubano Raúl Castro.

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Alla missione del primo pontefice latinoamericano si guarda infatti – in termini di significato “politico” e come speranze – avendo come punto di riferimento la visita di Giovanni Paolo II a Cuba nel 1998. Allora papa Wojtyla chiese che «Cuba si apra al mondo e che il mondo si apra a Cuba». Ovvero la fine di un autoisolamento come conseguenza della fine del blocco economico e finanziario contro l’isola unilateralmente deceretato da Washington. La visita di Francesco dovrebbe contribuire a riempire di contenuti il processo di apertura in corso e a favorire, appunto, i cambiamenti di portata storica che tale processo può comportare.

In particolare si chiede al pontefice di consolidare la Chiesa cattolica dell’isola nel momento in cui registra una fase di graduale recupero dopo decenni di declino. Più della metà del processo rivoluzionario cubano (iniziato con la presa del potere nel 1959) è coincisa con una progressiva e notevole diminuzione del clero cattolico che, seguendo l’esempio del vertice ecclesiale, aveva scelto di emigrare negli Usa o in altri paesi. La Chiesa cattolica, storicamente marcata dal suo anticomunismo e con un clero a grande maggioranza (75% circa) straniero, temeva infatti che si potesse ripetere a Cuba quanto successo in Spagna durante la guerra civile e per questo fu osteggiata dalla direzione rivoluzionaria che, dopo l’invasione della Baia dei Porci organizzata dalla Cia (1962), optò per la scelta del socialismo. Alla posizione anticomunista e antisovietica della Chiesa, venne contrapposto un ateismo marxista di netta derivazione sovietico-stalinista. Situazione questa che è continuata con pochi cambiamenti fino al crollo del muro di Berlino (1989) e alla fine dell’Unione sovietica (1991).

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Una nuova linea della Chiesa cubana si è espressa e consolidata con la presidenza di Raúl Castro (dal 2006) col quale iniziò, sotto la spinta dell’arcivescovo dell’Avana, cardinale Jaime Ortega, una politica di dialogo e collaborazione (per la liberazione di più di un centinaio di prigionieri di coscienza) e in seguito di appoggio critico al processo di riforme economico-sociali. Dopo l’annuncio della visita di Francesco in tutte le chiese dell’isola – spesso colme come da anni non si vedeva – è stata confermata questa scelta di appoggio alle riforme. «In questa nuova realtà cubana cerchiamo di fare in modo che tutti possano migliorare la loro situazione», ha affermato il cardinale Ortega nella messa celebrata domenica scorsa con il cardinale Beniamino Stella, prefetto della Congregazione per i vescovi ed ex nunzio apostolico all’Avana.

In Italia, alla conclusione della sua visita di cinque giorni a Cuba, Stella ha dichiarato a Radio Vaticana che nel corso del lungo colloquio avuto col presidente Raúl sono stati esaminati i temi – relazione e collaborazione tra Stato e Chiesa in questa nuova fase storica – che, molto probabilmente, saranno al centro della visita pastorale di Francesco. «Il presidente ha detto che stanno studiando riforme per aspetti soprattutto economici, ma anche in relazione alla presenza e all’attività della Chiesa. Io stesso ho accennato al presidente alcune tematiche importanti, per le quali i vescovi aspettano – nel contesto della visita del Papa, ma anche nel prossimo futuro – delle risposte. C’è tutto il tema della riparazione delle chiese e della costruzione, anche, di nuove chiese; c’è il tema dei disagi, delle difficoltà di tanti sacerdoti a muoversi nel Paese».

Ma soprattutto Stella ha sottolineato «il terzo tema di grande attualità: un maggiore accesso della Chiesa ai mass media. Già ci sono stati dei progressi e direi che è uno dei segni di un avanzare negli spazi della libertà che corrispondono alla Chiesa. Però, credo che la visita del Papa porterà anche nei mass media delle novità positive, molto desiderate». Stella ha messo in chiaro che «non è solo la televisione, non è la radio, ma è proprio internet, è la comunicazione digitale su cui la Chiesa cubana desidera vivamente qualche novità».

Segno questo di un rinnovamento che riguarda anche e soprattutto il vertice episcopale, visto che il cardinale Ortega, per ragione di età dovrà lasciare l’incarico di arcivescovo dell’Avana. Ma anche la direzione storica della rivoluzione dovrà essere soggetta a un cambio generazionale: lo stesso Raul ha annunciato il suo ritiro al compimento del quinquennio di questa presidenza.