Mentre si va verso la Conferenza sul Clima di Glasgow che al momento pare indirizzata verso l’ennesimo fallimento, come ha avvertito il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres, alla riunione convocata dal Presidente Joe Biden il nostro presidente Mario Draghi ha fatto eco alle parole del presidente americano sulla gravità della situazione. La Conferenza di Glasgow è infatti a rischio fallimento sia perché a fronte di impegni già insufficienti l’azione concreta non si è vista, sia perché, nonostante la ventina di riunioni tra l’inviato americano sul clima John Kerry e il suo omologo cinese Xie Zhenhua, il dialogo sul clima tra le due potenze non segna ancora passi avanti. Al contrario, la linea conflittuale continua con il caso dei sottomarini a propulsione nucleare che gli Usa venderanno all’Australia.

Biden ha da poco annunciato un piano energetico per portare la quota di energia solare dal 4 al 45% negli Usa entro il 2050, cosa che conferma nella sostanza l’enorme rilievo che le fonti rinnovabili e il solare in particolare possono giocare in un Paese industrializzato. Sul solare punta – con investimenti insufficienti – anche il Pnrr che lascia alla semplificazione burocratica – indispensabile – il ruolo di riaprire il settore, sostanzialmente fermo da 10 anni dopo un breve periodo di espansione. Biden ha fatto un esplicito riferimento alla riduzione delle emissioni di metano che negli Usa sono cresciute per l’abbandono di pozzi di petrolio e gas di scisto che, dopo il loro esaurimento che avviene in breve tempo, vengono abbandonati ed emettono quantità di metano il cui potenziale di effetto serra è 82 volte circa quello della CO2 se calcolato nei primi 20 anni, secondo l’ultimo rapporto dell’Ipcc.

Le strategie del settore petrolifero rappresentano ovunque il vero problema della transizione, essendo totalmente inadeguate alla sfida perché mantengono il baricentro nel core business: estrarre petrolio e gas. Lo scorso 16 settembre il Comitato di vigilanza del Congresso Usa ha aperto una indagine sul comportamento di quattro multinazionali petrolifere presenti nel mercato americano (Exxon Mobil, Chevron, BP e Shell) assieme alla Camera di Commercio americana e all’American Petroleum Institute per la loro responsabilità sulla crisi climatica, per aver disinformato il pubblico sui cambiamenti climatici con azioni coordinate e sovrarappresentato le proprie azioni ambientali. Il negazionismo climatico c’è stato a livello internazionale e anche in Italia abbiamo avuto per anni una succursale attiva, i cui esponenti continuano ad avere un ruolo.

Non si tratta di fatti del passato: ancora di recente un lobbista della Exxon è stato filmato mentre spiega l’azione anche nei confronti dell’amministrazione Biden sul clima, video ottenuto da Unearthed, la testata investigativa di Greenpeace Uk. Di «sovrarappresentazione» delle attività intraprese per combattere la crisi climatica ne abbiamo anche in Italia: la campagna pubblicitaria «verde» con cui Eni ha invaso i media italiani da un paio d’anni a questa parte ne è un fulgido esempio. Come anche la grancassa spinta dall’azienda petrolifera sui risultati dell’esperimento sulla fusione nucleare di pochi giorni fa, come se questa tecnologia fosse quasi pronta. Un comportamento scorretto ma coerente con la fuffa di cui è farcito il loro piano industriale e di cui abbiamo già scritto in queste pagine. Il progetto di produrre «idrogeno blu» dal metano come quello di Ravenna, fa parte di questa strategia. Analisi recentemente pubblicate mostrano come l’idrogeno prodotto per questa via può risultare persino più inquinante dell’uso diretto del gas come fonte di energia, perché in questo processo le perdite di metano in aria sono più elevate che in altri settori.

Così, dopo aver passato due settimane di inutili discussioni sul nucleare, arrivano le parole del presidente Draghi, pienamente condivisibili. Vedremo se e quando ci sarà un seguito concreto. Bisogna mettere al centro le rinnovabili e l’efficienza e tradurre quel potenziale d’impresa verde che nel Paese esiste, bloccando l’offensiva da parte fossile che sta alla crisi climatica come i promotori di cure improbabili alla pandemia da Covid19.

*direttore di Greenpeace Italia