Prima o poi doveva succedere, ma forse nessuno di noi pensava così presto. Eppure i segnali c’erano tutti: un Paese che sprofonda nella crisi, e che non sembra avere davanti prospettive di ripresa, tanti giovani (e meno giovani, almeno fino a 40 anni) che anno per anno emigrano, tra i nostri conoscenti e amici. Ed ecco infine la conferma dei dati: gli italiani che emigrano all’estero hanno superato per la prima volta gli immigrati che fanno ingresso nel nostro paese.

I numeri vengono dall’ultimo rapporto Migrantes, pubblicato ieri dall’omonima fondazione della Cei. Dal nostro Paese sono partite nel 2013 94 mila persone, cifra che risulta superiore ai flussi dei lavoratori stranieri immigrati in Italia: sono ogni anno circa la metà, e precisamente sono stati 43 mila nel 2010. Il dato non tiene ovviamente conto degli arrivi di immigrati irregolari, che probabilmente farebbero lievitare parecchio lo stock di ingressi, alterando il rapporto con le partenze.
Nonostante appunto si paragonino le partenze degli italiani soltanto con i flussi degli immigrati regolari, si può dire che il fenomeno ha raggiunto un valore consistente, e sicuramente significativo sul piano simbolico.

I cittadini italiani residenti all’estero, sono, in tutto il mondo e calcolati all’1 gennaio 2014, 4.482.115 (i numeri vengono dall’Aire – Anagrafe degli italiani residenti all’estero). L’aumento in valore assoluto rispetto al 2013 è di quasi 141 mila iscrizioni, il 3,1% nell’ultimo anno. La maggior parte delle iscrizioni sono per espatrio (2.379.977) e per nascita (1.747.409).

Lungo il corso del 2013, come abbiamo anticipato, si sono trasferiti all’estero 94.126 italiani – nel 2012 sono stati 78.941 – con un saldo positivo di oltre 15 mila partenze: un incremento in un anno di ben il 16,1%.

Per la maggior parte si tratta di uomini sia nel 2013 (56,3%) che nel 2012 (56,2%), non sposati nel 60% dei casi, e coniugati nel 34,3%. La classe di età più rappresentata è quella dei 18-34 anni (36,2%). A seguire quella dei 35-49 anni (26,8%), a riprova di quanto evidentemente la recessione economica e la disoccupazione siano le effettive cause che spingono a partire. I minori sono il 18,8% e di questi il 12,1% ha meno di 10 anni.

Il Regno Unito, con 12.933 nuovi iscritti all’inizio del 2014, è il primo Paese verso cui si sono diretti i recenti migranti italiani, con una crescita del 71,5% rispetto all’anno precedente. Seguono la Germania (11.731, +11,5% di crescita), la Svizzera (10.300, +15,7%), e infine la Francia (8.402, +19,0%).

Dall’Italia dunque non solo si emigra ancora, notano gli esperti della fondazione Migrantes, ma si registra un aumento nelle partenze che impone «nuovi interrogativi e nuovi impegni». Soprattutto «alla luce degli ultimi sviluppi e dell’incremento numerico degli spostamenti che riguardano oggi migliaia di giovani, mediamente preparati o altamente qualificati, con qualifiche medio alte o privi di un titolo di studio».

Manca, secondo gli estensori del rapporto, un’opera di supporto ai nostri connazionali che sono emigrati, compensata dalle buone capacità relazionali e dai rapporti informali: «Per oltre un secolo l’associazionismo italiano all’estero ha supplito all’assenza dello Stato e sovente ancora oggi è rintracciabile questa peculiarità di mutuo soccorso tra i membri, una tradizione di solidarietà reciproca che è entrata a far parte di un modo di essere e di operare dell’italiano fuori dei confini nazionali».

Dopo un lungo periodo di riflessione, 16 federazioni nazionali delle associazioni degli italiani all’estero, assieme al coordinamento delle consulte regionali dell’emigrazione, hanno lanciato il percorso di avvicinamento agli Stati generali dell’Associazionismo di emigrazione, che si svolgerà all’inizio del 2015.

Resta infine prioritario, secondo Migrantes, il rinnovo degli organismi di rappresentanza degli italiani all’estero e l’effettivo ripensamento, in termini di migliore razionalizzazione, degli interventi a favore dei connazionali fuori dei confini italiani sia per il loro sostegno se in condizione di deprivazione e disagio, che per la promozione della lingua, della cultura italiana e del made in Italy. e per le opere di internazionalizzazione.