Chi non pratica YouTube, probabilmente ha sentito parlare di lui solo quando, lo scorso dicembre, fece sbroccare Alessandra Mussolini durante una puntata di Dalla Vostra parte, trasmissione di Rete4 condotta da Maurizio Belpietro. Era facile immaginare che sarebbe finita così, anzi probabilmente si voleva che finisse proprio così, visto che si erano messi insieme la regina delle vaiasse di destra e un rapper di origine ghanese, che vive in Italia da 13 anni, si fa chimare Bello FiGo Gu e nelle sue canzoni dice cose come: «Non pago afito. Dai cazzo, siamo negri noi. Tutti i miei amici sono venuti con la barca. Appena arrivati in Italia abbiamo macchine, case, fighe. Yeh io non facio operaio. Non mi sporco le mani, perché sono già nero», eccetera, eccetera. In Referendum Costituzionale Bello FiGo Gu dice: «Vogliamo votar, quindi diciamo Sì referendum. Vogliamo votar perché Matteo Renzi ci dà la figa bianca. Vogliamo votar Partito Democratio. Ok, avremo 35 euro al giorno in albergo a fare festa con le fiche bianche. Ci dan la pasta col tonno, fica bianca anche sushi a casa capisci quello che intendo?». Nei suoi apprezzamenti è finita anche Barbara D’Urso, ed è facile immaginare quale parte anatomica della conduttrice sia più citata nel testo.

Vestito spesso di rosa shoking, brache calate sotto i glutei, accessori Louis Vuitton, collane e catene, occhiali a specchio, cresta gialla o rossa, Bello FiGo gira i suoi filmati nella città dove vive, Parma, e ha un pubblico che lo segue sia sui canali social, sia nei concerti, da due anni. Non si possono giudicare le sue canzoni, e spiegare il suo gradimento, leggendo solo i testi, bisogna vederlo e ascoltarlo perché è solo nell’insieme che si riesce a cogliere la sua caratteristica principale, che non sono affatto le discutibili qualità musicali o canore, ma la provocatorietà da coatto e l’assurdismo.

Bello FiGo non fa il bravo ragazzo di colore che vuole integrarsi, non fa la vittima, non rivendica diritti, non denuncia sfruttamento. Non fa nulla di quello che si vorrebbe sentir dire da uno come lui, immigrato dall’Africa, ma l’esatto contrario. Fa lo sporco, brutto e cattivo. Parla male e pensa male. Assume su se stesso tutti i peggiori luoghi comuni e li enfatizza cantandoli con strafottenza, insistendo proprio su quegli aspetti che fanno andare più fuori di testa una parte di italiani: il vivere a sbafo, non lavorare e rubarci le donne. Una parte di pubblico capisce che è una provocazione e ne ride.

Un’altra, quello che lo prende alla lettera, vede confermate le proprie opinioni, ma non sopportando il modo plateale con cui sono dichiarate, prima si scandalizza, poi si incazza, poi arriva a fare anche di peggio. Sta succedendo infatti che, con la notorietà televisiva, sono aumentati per Bello Figo e il suo gruppo gli inviti a tenere i concerti, ma insieme sono arrivate anche le minacce di morte, per cui hanno dovuto rinunciare ad alcune date e ora lui ha scelto il silenzio stampa.

L’assurdismo è materia sofisticata, sottile, che si muove su un filo di rasoio sia per chi lo pratica che per chi lo ascolta. Ora, Bello FiGo non sarà un campione di sottigliezze, ma quando sui social c’è gente che scrive: «Un pezzo di legno e giù botte, torna in Africa negro». Oppure: «Se vieni qui un giretto al pronto soccorso te lo farai perché ti riempiremo di botte a volontà», significa che la provocazione ha funzionato perché tante maschere sono cadute, ma anche che c’è gente che pensa di reagire a una canzone con delle manganellate, e qui il gioco diventa davvero troppo pesante, altro che assurdista.

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