Se non fossero stati costretti ad accelerare, passando all’azione prima del tempo a causa del blitz nell’appartamento di Forest e poi dell’arresto di Abdeslah Salam, gli attentatori di Bruxelles avrebbero forse mirato al bersaglio grosso: la centrale nucleare di Liegi. Secondo il giornale belga La Derniére Heure, i due fratelli el Bakraoui avrebbero nascosto una videocamera davanti alla casa del direttore del programma di ricerca nucleare, ritirandola all’indomani degli attentati di Parigi. Il filmato, che dura dodici ore, sarebbe stato ritrovato durante una perquisizione nel mese di dicembre, in occasione dell’arresto di uno dei sospetti attentatori di Parigi, Mohamed Bakkali. Per questo subito dopo le bombe all’aeroporto di Zaventem e alla stazione della metropolitana di Maelbeek l’impianto atomico è stato chiuso e ieri la Rtbf (che gestisce il sito) ha ritirato il permesso d’ingresso a undici dipendenti.

Secondo i media belgi, inoltre, Salah Abdeslam stava organizzando insieme a Mohamed Belkaid e Amine Choukri un ulteriore attacco a Bruxelles. Armato di kalashnikov, il gruppo avrebbe agito come per le stragi di Parigi il giorno degli attentati. Sarebbero stati la sparatoria avvenuta nel covo del quartiere Forest, nel corso della quale è stato ucciso Belkaid, e poi l’arresto di Salah a Molenbeek, a impedire l’attuazione del piano.

Fondata o meno che sia l’indiscrezione, fatto sta che emerge ancora una volta a giochi fatti, a testimonianza delle numerose falle investigative. Anche sull’accaduto non esiste ancora una ricostruzione definitiva. Ieri è spuntato pure un quinto attentatore. Non è chiaro se sia morto nell’esplosione all’aeroporto, ma potrebbe essere in fuga come l’altro kamikaze mancato, immortalato dalle telecamere interne al fianco dei fratelli el Bakraoui.

Intanto, emergono ulteriori dettagli sugli attentatori. La Procura belga ha fatto sapere di aver emesso un mandato d’arresto internazionale (come pure l’Interpol) per Khalid el Bakraoui l’11 dicembre scorso: il terrorista era sospettato di aver affittato sotto falsa identità, con il nome di Ibrahim Maaroufi, una casa a Charleroi, poi utilizzata come covo dagli attentatori di Parigi. Suo fratello Ibrahim, invece, era stato espulso due volte dalla Turchia, a luglio e ad agosto, in quanto sospettato di essere un “foreign fighter”. Era stato spedito però in Olanda e non in Belgio, come ha spiegato il ministro della Giustizia belga Koan Geens, che ha riconosciuto gli errori dei servizi segreti di Bruxelles e ha presentato le dimissioni (insieme al titolare dell’Interno Jan Jambon), al premier Charles Michel, che le ha respinte: «Non c’è stata forse una trasmissione sufficientemente rapida delle informazioni provenienti dalla Turchia, anche a livello belga», ha ammesso il ministro, poiché se el Bakraoui è stato espulso verso l’Olanda vuol dire che «dal 14 luglio 2015 ci sono stati problemi manifesti di trasmissione di informazioni con gli ufficiali di collegamento belgi».

Il ministro della Giustizia olandese, Ard van der Steur, ha fatto sapere che il terrorista non è stato trattenuto perché «non era presente in nessuna lista di ricercati» e che il controllo è stato effettuato «con i nostri colleghi belgi, tedeschi e turchi». Nessuno di loro si è accorto di nulla. Sulla vicenda in Belgio sarà istituita una commissione d’inchiesta.

L’unico terrorista nelle mani della polizia è al momento Salah che, a dispetto degli annunci dei giorni scorsi, finora avrebbe fatto scena muta davanti agli inquirenti. Il suo avvocato Sven Mary ha fatto sapere che Salah ha accettato il «trasferimento» in Francia e vuole tornarci «il prima possibile». Secondo il legale «Salah è rimasto muto» davanti agli inquirenti, aggiungendo che non collaborerà e che «non sapeva» degli attentati di Bruxelles. La strategia appare chiara: sganciare il suo assistito da ogni responsabilità nelle bombe dell’altro ieri.

Nel frattempo, ieri è spuntato pure un video di propaganda dell’Isis nel quale due sedicenti «jihadisti belgi», sullo sfondo di immagini che mostrano i momenti successivi alle esplosioni, inneggiano alla sollevazione dei «fratelli» e recitano versi religiosi. Si sente pure un estratto di un discorso di Donald Trump: «Bruxelles era un tempo, vent’anni fa, una delle città più belle e grandi del mondo. Oggi è uno spettacolo orribile».