In Irlanda del Nord il modo migliore di commemorare una battaglia è ancora quello di combattere. E a Belfast – dopo i disordini dello scorso dicembre, quando gli unionisti protestarono contro la limitata esposizione dell’Union Jack davanti al municipio, c’è stata un’altra battaglia. Stavolta la faccenda è particolarmente seria: ci è andato di mezzo anche un deputato unionista, Nigel Dodds, centrato da una sassata e finito all’ospedale, assieme a 32 agenti antisommossa. Dopo 22 arresti, il governo ha deciso di schierare durante il fine settimana altri 400 poliziotti che daranno man forte ai 4000 che già presidiano le strade.
È successo in occasione della marcia annuale denominata The Twelfth, organizzata dall’Orange Order, che ha luogo – appunto – ogni 12 luglio e rievoca, riaccendendo puntualmente le mai sopite ceneri settarie che covano sotto il processo di pace, la vittoria del re olandese protestante Guglielmo d’Orange contro il cattolico Giacomo II nella battaglia irlandese di Boyne (1690).
L’organo governativo che disciplina questo tipo di manifestazioni, la Parades Commission, aveva vietato il ritorno serale del corteo orangista attraverso la zona operaia e a maggioranza nazionalista cattolica di Ardoyne, nord di Belfast, pur avendo consentito loro il passaggio quella stessa mattina. Una decisione presa dopo che l’estate scorsa, in reazione alla marcia, ad attaccare la polizia erano stati i cattolici.
La cosa non è andata giù agli orangisti, e in tutta risposta l’Order ha mobilitato la protesta. Quando gli unionisti si sono trovati il passaggio sbarrato dalle Land Rover corazzate e dagli agenti antisommossa che dovevano tenerli separati dai nazionalisti, li hanno investiti con un uragano di pietre, fuochi d’artificio e molotov. La polizia ha reagito con proiettili di plastica e idranti. Altri scontri si sono verificati a Est della capitale.
The Twelfth è uno dei momenti più infiammabili dell’anno per due tradizioni nazional-confessionali inflessibili e monolitiche che da secoli legittimano la violenza reciproca, piegando la storia e la topografia (le rispettive ripartizioni della città) ai propri fini. La marcia è il culmine della «stagione delle marce» degli unionisti, che fra i due schieramenti è quello che ne fa maggiore uso, e che si apre in aprile.
Durante il suo svolgimento la tensione è sempre alta, con entrambe le fazioni che, soprattutto in passato, si scambiavano insulti e provocazioni. Oggi molto si gioca sul filo di cosa sia o non sia consentito suonare, in una rappresentazione in cui la musica e le canzoni hanno una potente valenza simbolica e mitopoietica.
Ad esempio, una di queste canzoni (The sash), dalla fascia arancione che indossano gli orangisti assieme alla caratteristica bombetta) è stata suonata dalla banda davanti alla chiesa cattolica di S. Patrizio, a nord della capitale, nonostante la commissione lo avesse vietato.
Questi scontri sono una marcia indietro per il già lungo e faticoso processo di cicatrizzazione degli odi nel Paese. Gli unionisti dell’Orange Order, in particolare, sono pieni di risentimento per quella che considerano un’autentica guerra culturale dichiarata ai loro danni dai repubblicani col beneplacito del governo. E vorrebbero lo scioglimento della Parades Commission, che vedono come ostile.
Dietro l’ennesimo atto di una faida combattuta a colpi di toponomastica, stendardi e itinerari bandistici, riemergere la fisionomia dei Troubles, gli scontri settari, segno profondo di un conflitto che sembra eterno. E il calendario, per un attimo, torna a prima del Good Friday Agreement dell’aprile 1998.