Nessuna marcia indietro, nemmeno la sospensione chiesta dal ministro Di Maio. Appena tradotta la richiesta il manager belga vicepresidente per l’Europa e Sud Asia della Bekaert Stijn Vanneste ha risposto con un risolino: «No, quando chiudere lo decidiamo noi». La multinazionale belga che nel 2014 ha comprato da Pirelli lo stabilimento di Figline ha deciso di confermare i 318 licenziamenti. Al tavolo di crisi al ministero dello Sviluppo economico i manager hanno ribadito che «la posizione competitiva del sito è sotto pressione e non è stato possibile generare una performance finanziariamente sostenibile». In realtà la produzione degli scheletri degli pneumatici e in particolare del progetto su un nuovo filo d’acciaio progettato a Figline – dove la Pirelli aveva il suo centro ricercheper gli «scheletri» – sarà semplicemente trasferito in Romania, dove alcuni operai di Figline hanno insegnato ai colleghi romeni come produrlo.
Molto duro il commento del ministro Luigi Di Maio, presente al tavolo. «Non ho mai visto tanta arroganza da un’azienda (la stessa frase usata da Calenda contro Embraco, ndr), ho assicurato al vicepresidente europeo di Bekaert che siccome non hanno dato nessuna disponibilità a bloccare il piano di mobilità, questo governo si premurerà di andare in giro per il mondo a raccontare la poca attendibilità di questa multinazionale, loro avranno un primo sponsor negativo nel mondo che sarà il governo italiano», ha detto il vicepremier. Nel caso Bekaert la norma del decreto Dignità contro le delocalizzazioni non può essere usata perché i belgi non hanno avuto contributi pubblici in questi quattro anni.
Anche fra i sindacati le reazione sono state indignate. «Vergogna», ha commentato il segretario generale della Fim Cisl Marco Bentivogli. «La Bekaert ha aperto la procedura di mobilità da un giorno all’altro senza avvisaglie e non ha inteso ritornare indietro. Non possiamo fare una trattativa con i licenziamenti aperti», ha detto Francesca Re David, segretaria generale Fiom. «È inaccettabile e non crediamo sia un caso che i licenziamenti decorrano in agosto. Il sospetto è che ha comprato da Pirelli per chiudere, per rubare tecnologia e capacità dei lavoratori e portarle dove il lavoro costa meno». «Al tavolo Pirelli non c’era, ma non può far finta che la questione non la riguardi perché ora compra i loro prodotti».
L’unica possibilità rimasta è dunque una rapida reindustrializzazione. Ma anche qui Bekaert mette paletti: non di suoi concorrenti, bisogna cambiare produzione. Col pericolo che sia a rischio anche il sito di Cagliari dove i 200 lavoratori (che hanno insegnato ai colleghi slovacchi) producono scheletri per camion.
La grande mobilitazione di questi giorni in Toscana non andrà comunque dispersa. «Non staremo fermi, chiederemo ai lavoratori di continuare a lavorare per dimostrare che l’azienda va tenuta in piedi», ribadisce Daniele Calosi, segretario Fiom di Firenze.