Ieri è iniziata a Madrid una legislatura molto diversa dalle dieci che l’hanno preceduta, piena di aspettative di cambiamento come mai era successo prima. Un congresso con più partiti e più facce nuove (62% di ricambio), più giovane (47 anni) e con un sacco di immagini emblematiche che hanno invaso i giornali di tutto il mondo.

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Carolina Bescansa passa il suo bebè a Pablo Iglesias, ieri in aula. Al centro un altro deputato di Podemos, Inigo Errejon (LaPresse)

Il bebè (buonissimo durante tutta la seduta) della candidata di bandiera alla presidenza della camera bassa Carolina Bescansa (criticatissima da destra e anche da alcuni socialisti per questa scelta «per farsi notare» mentre Podemos dice che «è una rivendicazione per poter conciliare vita familiare e professionale»), il deputato rasta guardato da un Rajoy stralunato, la prima deputata nera, Rita Bosaho (della coalizione valenziana di Podemos), i deputati verdi di Equo (sempre dalla stessa coalizione) che arrivano in bicicletta gettando la polizia nello sconcerto, l’abbraccio commosso di Pablo Iglesias per strada con Juan Carlos Monedero, fondatore di Podemos che lasciò il partito mesi fa dopo essere stato al centro di una polemica per un’irregolarità fiscale, sanata. Ma anche di formule creative per giurare (o promettere) la fedeltà alla costituzione.

Il regolamento permette di aggiungere una frase (anche nelle altre lingue co-ufficiali, unico caso in cui è permesso nella camera bassa) a piacere, ma i deputati di Podemos e alleati sono stati prolifici. Dopo la promessa alla Costituzione, tutti hanno aggiunto «per cambiarla», e poi varie varianti: «Recuperando le istituzioni per la gente», «per un processo che riconosca la diversità di sovranità», «per la cultura per tutti», «perché nessuno in questo paese viva in condizione indegne» di Bescansa, fino al «per un paese con la sua gente» (con lingua dei segni) pronunciato da Iglesias. Il tutto coronato dai fischi dei popolari.

Come previsto, il socialista Patxi López, ex presidente basco (con l’appoggio esterno del Pp, primo caso di grande coalizione in Spagna nel 2009) è stato eletto coi 130 voti dei socialisti e Ciudadanos in seconda votazione. 71 voti sono andati a Bescansa (di Podemos e alleati più i due di Izquierda Unida). Il Pp ha rinunciato a presentare un candidato e ha votato in bianco assieme ai partiti minori (e un voto nullo di un burlone è andato al bebè di Bescansa). Per il resto della presidenza: due vicepresidenti al Pp, una ai socialisti, una a Podemos; due segreterie a Ciudadanos e una a Podemos. Al senato, come previsto, confermato il popolare Pío García Escudero.

Nel suo discorso, López, dopo aver ringraziato nelle 4 lingue co-officiali (anche questo un segnale di distensione), ha chiesto un impegno particolare contro la violenza maschilista e ha citato Clara Campoamor, l’eroina repubblicana che lottò per il suffragio universale. Ha chiesto «dialogo e intesa per la libertà collettiva» e di «eliminare le disuguaglianze sociali». Domattina incontrerà il re che inizia le consultazioni con i partiti per la proposta di futuro presidente del governo. Entro due settimane la prima sessione di investitura.

Intanto il presidente en funciones Rajoy ha scelto un profilo basso, anche se appare in una foto sorridendo al deputato Pedro Gómez de la Serna, imputatissimo in un caso di corruzione molto mediatico e che è stato finalmente espulso dal partito (che l’ha comunque protetto finora).

Fino al 18 gennaio c’è tempo per formare i gruppi parlamentari. Podemos, sempre più duro coi socialisti che accusa di fare prove tecniche di accordo con la destra («il trio del bunker» li ha chiamati), reclama sempre i suoi 4 gruppi (il suo, più uno ciascuno con le coalizioni valenziane, catalane e galiziane) ma ieri per la prima volta ha parlato anche di un gruppo «confederato». Come i socialisti, ha già presentato un pacchetto di misure sociali (Legge 25) sul diritto alla casa, alla salute e contro la povertà energetica. Con un governo ad interim secondo molti giuristi non sarà però possibile discutere nessuna legge.

In serata è anche arrivata una notiziona da Barcellona: l’ex presidente Artur Mas si è dimesso da deputato del Parlament catalano. In questo modo chi dovrà giudicarlo per la causa apertagli dal Tribunale superiore catalano su istanza del governo centrale per aver organizzato il famoso referendum «informale» sul futuro della Catalogna sarà un tribunale ordinario.