Ha inizio con l’omicidio di un becchino, artista geniale nel ritocco e l’abbellimento delle salme, il romanzo di Jim Knipfel, Esequie (traduzione di Beatrice Gatti, Bompiani, pp. 261, euro 17.00), personaggio che viene fatto fuori proprio mentre si accinge a imbalsamare un’anziana defunta, in un sinistro scantinato pieno di alambicchi e provette, che sembra trasportato di peso dai romanzi gotici ottocenteschi: la tana di un mad doctor, il laboratorio di un discendente diretto di Victor Frankenstein. Più tardi, nella stessa casa, verrà trovato anche il cadavere del suo meno dotato assistente.

Il virtuoso dell’allestimento funebre viene dall’Austria e la cittadina del fattaccio sembra abitata solo da polacchi. Non siamo, tuttavia, nell’Europa di Mary Shelley, siamo nella provincia americana di Stephen King o di Jim Thompson.

Beaver Rapid, nel Wisconsin, è una di quelle piccole città americane che rappresentano oggi il cuore del noir, forse ancor più delle metropoli: pochi abitanti che si incrociano ogni giorno e credono di conoscersi tutti, mentre sanno pochissimo gli uni degli altri, e coltivano turpi segreti.

Allo sceriffo Koznowski, incaricato dell’indagine, un caso simile non era mai capitato: non si ricordano crimini di rilievo a Beaver Rapid, tutta l’esperienza che il malcapitato può vantare viene dall’assidua frequentazione delle serie tv. Non lo confortano doti innate di detective, che anzi gli mancano, né il supporto di una squadra, se possibile più inetta di lui. Nonostante l’inadeguatezza, lo sceriffo deve provare a destreggiarsi tra osceni traffici di organi umani (da cui il titolo originale: Residues), sette religiose che hanno fatto della guerra contro l’imbalsamazione il loro fanatico credo, molestie sui bambini da parte di prelati coperti e protetti dalla Chiesa.

Esequie finge di essere un giallo classico, senza però arrivare mai allo scioglimento dell’enigma: gioca con i canoni del noir americano, ma solo per capovolgerli uno dopo l’altro puntando sull’incompetenza degli investigatori, che produce effetti comici degni dell’ispettore Clouseau. Civetta con il gotico europeo classico ma anche con l’horror moderno americano: è una storia di poliziotti e omicidi ma anche di scienziati pazzi e zombie, di suggestioni sataniste e mostri annidati sotto la crosta di ghiaccio che ricopre il lago a un passo dalla cittadina. Traversa tutti i generi accomunati dalla tinta rosso sangue dispensando in ognuno dosi massicce di ironia corrosiva.

Con una storia di depressione grave alle spalle e una dozzina di tentativi di suicidio, Knipfel si destreggia tra generi e suggestioni diverse con assoluta maestria. Dispone di uno sguardo capace di cogliere ed esaltare ogni aspetto grottesco e di una inesauribile vena di humor nero che gli permettono di conciliare i diversi stili narrativi adottati per trasformare quello che si ridurrebbe a virtuoso gioco intellettuale in una satira sia della narrativa che della realtà.

Koznowsky, lo sceriffo, deambula senza bussola in un mondo popolato da loschi impresari di pompe funebri, assiste allibito ai riti di una congregazione nella quale la deformità fisica è il tratto comune e il cemento spirituale, scopre che per i suoi onesti concittadini difendere un promettente futuro campione sportivo è molto più importante dello scoprire un assassino. Poco per volta si accorge di non avere mai fatto caso a quanta polvere sia nascosta sotto i tappeti di una piccola comunità apparentemente irreprensibile.

La satira della letteratura sanguinaria, condotta armonizzando l’elemento macabro e quello grottesco, porta a un disvelamento della verità celata sotto il perbenismo quotidiano. Ma ciò che lascia il povero sceriffo davvero spiazzato e lo costringe a confessarsi di non riconoscere più il mondo in cui vive da sempre non è tanto la scoperta di traffici oscuri o di comportamenti ignobili quanto la percezione della loro assoluta normalità, l’impermeabilità dei colpevoli, ma anche degli osservatori, al pur minimo dubbio etico. Così fan tutti.

Anche la rivelata miseria morale della normalità di questo paese modello è solo uno schermo: a Knipfel non interessa poi tanto denunciare le disonestà. Come molti scrittori della sua generazione è stato fortemente influenzato da Thomas Pynchon, che non a caso ha molto lodato questo romanzo. Proprio l’autore di Gravity’s Raibow ha affermato una volta che la sola differenza tra la letteratura di genere e quella mainstream sta nel diverso peso che rispettivamente assegnano alla morte. Forse Knipfel conosce quella citazione, o forse è arrivato da solo alle stesse conclusioni. Di fatto, con Esequie rovescia le proporzioni abituali: traversa tutti i generi fondati sulla morte e sul delitto senza prenderne sul serio le convenzioni; in compenso restituisce alla morte tutta l’importanza e tutta la cruda verità che mistery, noir, horror e gotico sono quasi per definizione costretti a occultare.

Non si tratta, per Knipfel, di indugiare sulla descrizione splatter della morte violenta e neppure di scandagliare il dolore che la perdita provoca in chi resta o le sue conseguenze.

Lo scrittore del Wisconsin vuole invece misurarsi, tramite una grande ironia e una assoluta serietà, con la nuda consistenza della morte fisica e con i quesiti, le paure, le speranze che questa pone a proposito di ciò che resta, che si tratti di «pezzi» da immettere sul mercato o di un’anima immortale, del sogno della resurrezione come rinascita di un corpo migliore per chi soffre dei limiti di quello che gli è toccato in sorte o del ricordo lasciato in eredità ai sopravvissuti e sul quale i moderni Frankenstein di turno mirano a speculare.

In questo romanzo, costruito con tanta intelligenza da rischiare di apparire a tratti freddo, i due piani sono correlati e si riflettono l’uno nell’altro. Il cinismo della cittadina europea piazzata nel cuore degli states, attraverso la quale l’autore legge non l’America ma la modernità intera, e un rapporto con la morte ridotta a esclusiva corporeità rimandano in continuazione l’uno all’altro. Se la morte è solo caducità dei corpi e la resurrezione il miraggio di un corpo diverso, come ci si può stupire se i residui di quei corpi finiscono sul mercato nell’indifferenza generale?