Dante inizia quale poeta lirico nella tradizione cortese, in cui la donna è oggetto del desiderio maschile ed esiste in funzione dell’uomo. La poesia esplora la interiorità di lui, mentre lei non parla, non ha voce. Lo stesso Dante arriva a creare l’anomala figura femminile che io chiamo Beatrix loquax. Il nuovo ruolo della donna lirica è segnalato nel verso con cui Beatrice dichiara il suo programma entro la Commedia: «amor mi mosse, che mi fa parlare». E parlare è esattamente quello che Beatrice fa lungo tutto il Paradiso, violando il divieto paolino contro l’insegnamento femminile e destando disagio in non pochi lettori. Le figure femminili che parlano sono tradizionalmente astrazioni come la Donna Filosofia di Boezio, non donne storicamente vissute.

Dante comincia presto a innestare l’etica aristotelica sul sistema cortese, un percorso che lo porta ad accordare volontà – agency – a tutti gli esseri umani, donne incluse. Dimostra un interesse nella loro educazione etica nella canzone morale Doglia mi reca, dove s’indirizza direttamente alle donne (cosa che Petrarca, invece, non fa mai). Quando nella stessa canzone Dante inveisce contro le donne che si prestano ad amare uomini viziosi, scrivendo «Oh cotal donna pera», le assegna la capacità di scelta morale e prefigura la possibilità di una figura femminile come Francesca da Rimini: una donna che parla delle sue scelte eticamente dubbiose, che perisce in base a quelle scelte. Da giovane studiosa vedevo solo il paternalismo antipatico dell’atteggiamento dantesco rispetto alle donne nella canzone Doglia mi reca. Adesso, colgo l’importanza di una lirica di stampo cortese che s’impegna nell’insegnamento delle donne, esseri che posseggono delle volontà e che vanno ammaestrate per evitare che periscano.

Eppure la moralità della storia di Francesca non è per Dante insita solo negli errori di lei. È anche la storia della crudele logica dinastica, una logica che Dante deplorava perché sfrutta le donne (e i bambini, come nel racconto di Ugolino) quali pedine in un feroce gioco di potere. Come ho dimostrato altrove, Dante è in effetti lo storico di Francesca da Polenta in Malatesta, la quale viene nominata solo in un documento contemporaneo, il testamento del suocero Malatesta il Vecchio da Verucchio, il fondatore della dinastia, che ricorda la dote della nuora morta. Una cronaca indica la morte di Paolo «causa luxuriae», senza nominare Francesca, che fu meno importante nella storia della dinastia di Paolo, il meno importante dei figli di Malatesta. Invece nell’episodio dantesco è solo Francesca che parla, e Dante conosce il suo nome senza che lei glielo dica. Il poeta danna Francesca nella sua finzione, ma la salva dall’oblio storico. Grazie a Dante, Francesca da Rimini vive nella nostra memoria culturale.

Il racconto di Francesca, dal punto di vista storico, è la narrazione di una donna che è stata vittimizzata prima dalla famiglia di nascita e poi da quella matrimoniale. Non ci furono recriminazioni tra i Polentani e i Malatesta per via dell’uxoricidio di Francesca; anzi suo fratello, Bernardino da Polenta, fu marito di Maddalena Malatesta, sorella di Malatesta il Vecchio, e rimase un prezioso alleato dei Malatesta per decenni dopo la morte di Francesca.
Un altro esempio di uxoricidio è il caso di Pia de’ Tolomei, che si trova tra le vittime di morte violenta nel Purgatorio (è la categoria alla quale Francesca sarebbe appartenuta, se si fosse pentita e salvata). Il caso di Pia sottolinea l’uxoricidio quale delitto della classe aristocratica, che usava il matrimonio a fini di potere. Un altro atto di violenza contro le donne si verifica nel racconto di Piccarda Donati: lei fu monaca rapita contro la propria volontà dalla «dolce chiostra».
Di nuovo la logica sottostante a questo abuso è dinastica: il fratello Corso Donati, capo della fazione dei Neri, volle sposare la sorella a un suo alleato. Anche l’imperatrice Costanza «sorella fu» prima di sostenere lo stesso sopruso.
Dante non s’interessa alle torture sessualizzate che fanno parte della tradizione moralistica dell’aldilà: Francesca non subisce la degradazione sessuale che viene inflitta ai lussuriosi nel Giudizio Universale di Giotto. Testimone lucido delle gravi e sistematiche ingiustizie contro le donne nella sua società, Dante sembra profetizzare un diverso futuro nella figurazione trasgressiva di una giovane donna bella e di «infallibile avviso»: la folgorante e autorevole Beatrix loquax.

* Columbia University di New York