In ventiquattr’ore, tra una conference call tra i capi di stato Ue e l’attesa della riunione del consiglio direttivo della Bce di oggi, sembra essere cambiato l’atteggiamento della governance multilivello europea rispetto al coronavirus che ha infettato anche l’economia reale e. di rimando. quella finanziaria. Da Angela Merkel che ha aperto alla flessibilità del patto di crescita e stabilità per l’Italia, sottolineando la spesa a sostegno della sanità, alla presidente della Bce Christine Lagarde che dovrebbe presentare oggi un pacchetto di misure monetarie. In maniera coordinata ieri è emersa la preoccupazione per le conseguenze che l’ospite sconosciuto senza ancora un vaccino potrebbe produrre nei prossimi sei mesi – probabilmente più a lungo – nell’organizzazione capitalistica.

Il problema è l’inatteso choc che ha colpito l’offerta. Un evento non paragonabile era stato prefigurato nella Brexit o nella guerra dei dazi Usa-Cina, ma oggi ha preso tutt’altra forma nel virus in cui il capitalismo ha trovato la sua nuova crisi. Lo choc è moltiplicato da una contraddizione: le esigenze di salute pubblica portano a quarantene, chiusure delle frontiere, delle città e delle fabbriche. Lo vediamo in Italia, non è escluso che avvenga in altri paesi. Così si spezzano la divisione del lavoro, le catene di approvvigionamento, mentre le reti che collegano famiglie, imprese e banche sono ancora ostruite dalla crisi del 2008 e non sono state sbloccate dall’alluvione monetaria delle banche centrali che non è sgocciolata verso il basso. La crisi però è nuova: non viene dalle banche, ma da una sincope della produzione che potrebbe, a sua volta, arrestare la finanza con un credit crunch.

Christine Lagarde ha confermato che c’è «il rischio di una crisi come nel 2008 se l’Europa non reagirà». Parole allarmate che sembrano preparare misure eccezionali per oggi. A Francoforte, dove si lavora a distanza perché un dipendente è risultato positivo al coronavirus, non sfuggono i problemi. La liquidità al sistema bancario non è servita in questi anni a rilanciare le imprese, mentre un nuovo taglio dei tassi di interesse sui depositi (forse 10 punti base, a meno 0,60%) avrebbe un’efficacia limitata. Fonti ieri hanno fatto trapelare l’eventualità di un intervento sulle «Targeted longer-term refinancing operations» (Tltro) a 2-4 anni attraverso le quali le banche possono accedere a un prestito agevolato per finanziare, a loro volta, le imprese piccole e medie. Ipotesi da confermare in un momento in cui la domanda si blocca e da valutare nella prospettiva di una ripresa incognita. A questa mossa parteciperebbe la Vigilanza bancaria allentando i requisiti, segno di una circostanza eccezionale. Non è escluso un allargamento del quantitative easing a 40 miliardi al mese (dai 20 di oggi), includendo magari più titoli «green». Sulla stessa strada si è riavviata la Banca d’Inghilterra che ieri ha tagliato i tassi di mezzo punto, dopo un’analoga ma poco efficace misura della Fed. Le borse restano in posizione «Orso», cioè ribassista: Londra ha perso l’1,4%, a Wall Street il Dow Jones il 6,15%. Milano a +0,3%. Il segretario al Tesoro Steven Mnuchin ha rivelato che Trump si sta coordinando con «le controparti internazionali». Più forte del negazionismo della crisi è il panico portato dalle borse.

Il virus sembra essere più forte del rigore. La Commissione Ue non ha battuto ciglio davanti ai primi 25 miliardi di euro stanziati dal governo italiano, anche se questo porrà un problema di debito pubblico, come ha fatto notare l’Ufficio parlamentare di bilancio. Il virus potrebbe riuscire lì dove Mario Draghi si è fermato: spingere i governi a una politica fiscale espansiva. Lo si capirà dall’Eurogruppo di lunedì. Per la capo-economista dell’Fmi Gina Gopinath può aumentare la domanda aggregata con trasferimenti di denaro, l’estensione dei sussidi di disoccupazione, gli sgravi fiscali, garanzie sul credito temporanee e mirate. Oltre all’Italia si sono mosse in questa direzione sia la Cina che la Corea del Sud. Per l’ex capo economista dell’Fmi Olivier Blanchard la politica fiscale non può aumentare la produzione quando le imprese chiudono, ma può finanziare misure sanitarie, assunzioni di personale, aiuti ai fornitori di attrezzature mediche per combattere l’epidemia. Allo stesso tempo, la politica monetaria può contribuire a sostenere la domanda, supportando le imprese in difficoltà a causa delle scarse vendite e delle interruzioni della fornitura. L’obiettivo è mantenere in vita la produzione, sempre che lo permettano le drastiche politiche dell’emergenza. Chi dovrà farlo, a rischio di contagio, saranno i lavoratori che alimenteranno la macchina che si vuole tenere accesa.