Nome in codice: «Programma di acquisto di emergenza in caso di pandemia». È la nuova politica monetaria della Banca Centrale Europea (Bce)che ha stanziato 750 miliardi di euro fino alla fine del 2020 e potrà essere prorogata. Questa cifra si aggiungerà ai 120 miliardi già annunciati la settimana scorsa e ai 40 mensili attualmente erogati. L’importo potrà essere aumentato, se necessario. Il consiglio direttivo della banca si è proposto così di «svolgere il proprio compito nel sostenere tutti i cittadini dell’Eurozona» e «esplorerà tutte le opzioni e modalità per supportare l’economia in questa fase di shock» indotto dalle politiche di chiusura del sistema che stanno bloccando tutte le articolazioni dell’economia globale.

SCOCCATA la mezzanotte di ieri, a borse chiuse, la Bce ha preso così l’iniziativa dopo giorni di confusione e alta conflittualità al suo interno, con ingenui errori di comunicazione da parte della sua presidente Christine Lagarde sugli «spread», gravi per chi detiene il potere dell’annuncio e può condizionare l’orientamento del capitale finanziario sui mercati presi dal panico da virus. Dopo una lunga e penosa opera di precisazione e ritrattazione, alla quale ha partecipato anche il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, Lagarde è riuscita a pronunciare la formula richiesta dal pensiero magico della politica monetaria: «Tempi straordinari richiedono azioni straordinarie – ha scritto in un tweet – Non ci sono limiti al nostro impegno per l’euro».

LA FRASE di Lagarde è un calco di quella usata dal suo predecessore Mario Draghi nel 2012: «Whatever It Takes», qualsiasi cosa occorra pur di salvare la moneta identificata come un simbolo dell’economia europea, oggi messa a rischio da una crisi di natura diversa da quella di un decennio fa iniziata con i mutui subprime negli Stati Uniti. Dopo una vicenda simile si può dire che non solo i banchieri sbagliano, ma che hanno ancora bisogno di un coach come Draghi per migliorare le loro performance oratorie. «Con la decisione di ieri abbiamo reso disponibili mille e cento miliardi di euro, una cifra enorme, per intervenire a sostegno dei mercati finanziari – ha commentato Fabio Panetta, membro del Comitato esecutivo della Bce – I cittadini italiani ed europei possono aspettarsi ciò a cui hanno diritto, ovvero che vi sia un intervento forte, deciso, unito, coordinato da parte dei governi nazionali e delle istituzioni europee, e tra esse la Banca centrale europea».

LA BCE ha aperto l’ombrello, ma sono in molti a ritenere che, a parte l’effetto annuncio, la politica monetaria da sola sia insufficiente dopo tanti anni di tassi negativi in Europa, e anche perché l’immane quantità di denaro erogato dalla Bce in questi anni non è «sgocciolato» verso le imprese, le famiglie e gli individui. Anche per questo in Europa, e negli Stati Uniti, oltre che a Hong Kong o in Turchia, è stata rilanciata l’idea di un quantitative easing per le persone per garantire un reddito di base incondizionato, duraturo e strutturale, a tutta la popolazione (vedi l’intervista a Andrea Fumagalli ne Il Manifesto di oggi). Nel 2016 Draghi l’ha definita un «concetto interessante, ma non ne abbiamo mai seriamente pensato e discusso». Davanti a una crisi che chiede di garantire la liquidità nell’economia «reale» può essere un concetto operativo. Una politica che avrebbe inoltre bisogno di un radicale ripensamento delle politiche fiscali, del Welfare e della produzione.

TOCCA ai governi, e al coordinamento con la governance multilivello europea (Commissione Ue, Consiglio Europeo, Eurogruppo, Banca europea per gli investimenti, tra gli altri), aprire l’ombrello fiscale, e quello degli investimenti, richiesti da Draghi, mai ottenuto, anche per i limiti della politica di bilancio e la «crescita anemica» che ha preceduto la tremenda recessione in arrivo. Il «patto di stabilità» sarà «sospeso» per gli stati membri (per sempre? Così non sembra), mentre il presidente dell’Eurogruppo Mario Centeno ha ribadito che dalla prossima settimana si cercheranno politiche di bilancio e fiscali comuni (cambiamento delle regole del meccanismo europeo di stabilità-Mes; il finanziamento degli «Eurobond»/«Coronabond»; un fondo comune per le spese dell’emergenza, tra le ipotesi). La nebbia è fitta, ma ieri in molti sembravano rinfrancati: «La Commissione Ue è pronta a fare tutto» ha detto il vicepresidente Valdis Dombrovskis. Il commissario Ue all’economia Paolo Gentiloni ha parlato di «forza dello scudo europeo». «L’Europa batte un colpo!» per il presidente del Consiglio Conte, quello francese Macron ha parlato di «solidarietà finanziaria». Siamo alle premesse, mentre la Germania potrebbe non discostarsi troppo dalla sua tradizionale posizione fiscale restrittiva. La gestione dell’emergenza può creare nuove, atroci, diseguaglianze.