Cantautore apolide (sebbene tedesco-partenopeo-veneziano) e strumentista tuttofare nonché interprete in sei lingue diverse, Balestrieri si destreggia abilmente tra curiose suggestioni col suo spirito ironico e leggero mettendo insieme Vieni via da Thomà, canzone greca che affonda i tacchi color nespola in 9/8, Cielito Lindo in versione mediorientale tra cordofoni e percussioni e Fais moi mal Johnny, omaggio jazz patafisico a Boris Vian. Tutto l’album, settimo della sua discografia, più volte segnalata dal premio Tenco, è carico di elementi culturali amati, ripresi e shakerati come il Gabbiano Bar (forse influenzato dal Carosello tv, «C’est si bon, è un filato tres chic, Chatillon») o il sensuale Tango del Rosso e Nero con arrangiamenti ipercurati e accompagnatori di qualità (il batterista Claudio Marino ex 99 Posse e il contrabbassista Roberto Giangrande, famoso turnista e altri strumentisti espatriati). In questo mezzo giro planetario, tra canti popolari e film muti, Balestrieri svela il suo battito fusion, salendo sui pinnacoli del ritmo da entertainer esperto con una verve fresca e coinvolgente.