Fiduciosi si dicono gli avvocati brasiliani di Cesare Battisti, l’ex militante dei Proletari armati per il comunismo (Pac) finito al centro di una nuova querelle politico-giudiziaria dopo l’arresto al confine tra Brasile e Bolivia. E fiduciosi si dicono i settori della politica italiana che più desiderano la sua estradizione. Come finirà è presto per dirlo.
Secondo i media brasiliani Michel Temer, presidente de facto contestato, plurindagato e sull’orlo di doppio impeachment, ha deciso di revocare lo status di rifugiato concesso a Battisti da Lula. Se la Corte suprema negasse l’habeas corpus richiesto dalla difesa (e la giustizia italiana riducesse l’ergastolo a 30 anni?), l’ok dell’ufficio legale della Presidenza basterebbe per consegnare Battisti alle autorità italiane. Secondo i suoi avvocati invece le leggi brasiliane lo impedirebbero e «si spera che il presidente Temer, noto docente di diritto costituzionale, rispetti la legge anche a fronte delle pressioni politiche interne ed esterne».

Dall’Italia Alfano esprime cauto ottimismo («Niente proclami, ma abbiamo fatto un ottimo lavoro e ora attendiamo con fiducia la decisione del presidente Temer»), mentre l’onorevole Caterina Bueno (Pd, eletta all’estero) rivendica di aver «sensibilizzato» personalmente Temer al telefono (lo ha raccontato ieri a Un giorno da pecora). Battisti per ora risponde all’ipotesi di estradizione con un’intervista a O Estadão : «Sapendo che il governo e i media hanno creato questo mostro in Italia, Brasilia mi consegnerebbe alla morte». Per ora la polizia si limiterebbe a sorvegliare la casa in cui risiede, sul lungomare di San Paolo.