L’Italia è un Paese che non ha mai davvero fatto seriamente i conti col proprio passato e la propria storia. E questo vale anche per alcune delle questioni ambientali irrisolte e oscure, come quelle delle «navi a perdere» o la gestione criminale dei rifiuti tossici che da nord a sud si sono ripetute in modo inquietante.

Anche sul versante “legale” come l’inquinamento delle aree industriali – da Taranto a Porto Tolle, da Marghera alle tante aree da bonificare – la battaglia per la tutela dell’ambiente in cui viviamo e per affermare il principio che «chi inquina paga» è ancora in corso. E anche per le questioni che riguardano l’ambiente globale, dai cambiamenti del clima alla deforestazione, all’inquinamento della catena alimentare e delle filiere produttive, la battaglia per una maggiore responsabilità sociale del nostro Paese è ancora da affermare: gli interessi di chi vuole difendere scelte sbagliate e proteggere gli inquinatori, a partire dalle fonti fossili, sono ancora prevalenti.

Per le associazioni ambientaliste come più in generale per le organizzazioni della società civile, la presenza di una testata libera e battagliera come il manifesto rappresenta uno strumento importante e uno spazio critico da difendere.

* direttore Greenpeace Italia