La russa Rt, sulla base di informazioni delle milizie di Donetsk, scriveva ieri del definitivo accerchiamento delle truppe ucraine (non meno di 8mila uomini) attorno a Debàltsevo. Con la conquista del villaggio di Lògvinovo, pochi chilometri a nordovest di quello che è uno dei più importanti snodi viari e ferroviari del Donbass e la conseguente chiusura dell’unica via di accesso che, provenendo da Artëmovsk, aveva consentito finora a Kiev di rifornire i reparti accerchiati, ogni ulteriore tentativo di inviare uomini e mezzi nella zona sembra destinato solo ad accrescere il numero di prigionieri e di mezzi (questi ultimi, a quanto pare, in ottimo stato) che finiscono nelle mani dei miliziani.

Oltretutto, pare che la parte ucraina non si fosse preoccupata (un po’ come in estate era successo a Ilovajsk, per colpa, si disse, dell’allora Ministro della difesa Valerij Geletej) di rinforzare il proprio controllo sulla direttrice viaria per Debàltsevo, tanto che questa sarebbe stata presa da un piccolo reparto motorizzato.

A onor del vero, se la parte ucraina negava ieri la caduta di Lògvinovo, anche l’agenzia warday.su diario di guerra della Novorossija, scriveva che «Se Kiev verrà sconfitta a Lògvinovo, allora nei prossimi due giorni ci si dovrà attendere lo spostamento di riserve provenenti da Artëmovsk per sbloccare la sacca di Debàltsevo». È presumibile che attorno a questo centro, ancora sotto controllo ucraino, si svilupperà una battaglia piuttosto dura.

E, per gli abitanti, è sempre più difficile fuggire: secondo l’agenzia Novorossija, per le recenti evacuazioni dei civili (quando non ostacolate dalle truppe) Kiev ha preteso il pagamento del trasporto fino a Slavjansk. Stando alla russa Rt, molti soldati ucraini avrebbero trovato posto sugli autobus destinati ai civili per sottrarsi alla sacca di Debaltsevo. È in questo clima che nei giorni scorsi la Frankfurter Allgemeine Zeitung, citando i servizi segreti tedeschi, ha scritto di un reale numero di vittime nel Donbass dieci volte più alto delle cifre (5.400 morti) sinora rese note dall’Onu e che fonti russe e ucraine avevano già diffuso.

Quindi, anche sul fronte di guerra, come su quello delle trattative diplomatiche, non c’è nulla di fermo e, a giudicare da tutto, nemmeno di sicuramente accertabile, dal momento che ognuna delle parti, come è naturale, intende giungere, se mai ciò avverrà, al tavolo dei colloqui da posizioni vantaggiose.

Ecco dunque che, da parte ucraina, non cessano i bombardamenti su qualsiasi cosa si muova – ieri anche una squadra di ferrovieri è stata bersagliata dai mortai a Skotovataja, l’unica linea di comunicazione tra Ucraina e Dnr: tre morti e due feriti – o costituisca un obiettivo poco difeso, come asili, ospedali, infrastrutture, miniere, fabbriche; nella tarda serata di domenica era stata bombardata un’impresa chimica (ma il battaglione «Azov» parla dell’esplosione di una polveriera delle milizie) e le poche miniere ancora in attività vengono spesso bersagliate, mentre si parla sempre più insistentemente di gruppi di sabotatori che, dall’interno delle città, dirigono i tiri delle artiglierie. E, da parte delle milizie di Donetsk e Lugansk, è iniziata ieri l’annunciata mobilitazione.

Il leader di Donetsk, Zakharcenko, ha dichiarato che questa, «in una prima tappa riguarderà solo volontari. Poi vedremo: se questi saranno sufficienti, non sarà necessario dichiarare la mobilitazione generale».

L’inasprimento del conflitto da oltre un mese a questa parte ha mietuto sempre più vittime nei centri abitati della Novorossija, causate dalle artiglierie governative, ma ha anche elevato il numero di perdite tra i combattenti di entrambi gli schieramenti. Eduard Basurin, portavoce del Ministero della difesa della Dnr, ha parlato ieri di 11 morti e 29 feriti, domenica scorsa, tra le milizie di Donetsk e 45 governativi uccisi. Negli ultimi 22 giorni, ha detto Basurin, Kiev avrebbe avuto 2.056 morti e avrebbe perso 168 carri armati, 133 blindati e altre centinaia di armi. Secondo Basurin, le milizie si attendono un attacco dei governativi all’estremo sud della regione di Donetsk, in direzione di Novoazovsk, forse per contrastare i piani dei separatisti di avvicinarsi a Mariupol.

Intanto, mentre la Rada ucraina dovrebbe approvare una risoluzione per il Congresso Usa per la concessione di aiuti militari e l’attribuzione dello status di «alleato speciale», anche Varsavia propone l’aiuto militare; altri paesi invece si sono espressi contro la fornitura di armi a Kiev. Oltre a Francia, Grecia, Germania e Gran Bretagna (dietro cui fa capolino anche l’Italia), è il caso di Spagna e Cina.