E’ giunta al momento decisivo la battaglia per il controllo della cittadina strategica di Qusayr, a pochi km dal confine con il Libano, casa fino a un paio di anni fa di 30mila siriani e oggi un cumulo di macerie. Lo scontro da settimane vede di fronte l’Esercito governativo, appoggiato dai guerriglieri libanesi di Hezbollah, e i ribelli anti-Assad sostenuti da jihadisti giunti da molti Paesi (anche occidentali). Le forze di Damasco, che circondano Qusayr caduta nelle mani dei ribelli oltre un anno fa, sono a un passo dalla vittoria ma stanno incontrando una resistenza accanita. E, a quanto pare, dovranno affrontare ora le centinaia di ribelli entrati in città dopo aver rotto l’assedio nei pressi del villaggio di Shamsinn, a nordest di Qusayr. Secondo l’Osservatorio per i diritti umani, basato a Londra e vicino all’opposizione, la “Brigata Liwa al-Tawhid” (Fratelli Musulmani) è giunta in soccorso delle unità ribelli locali per contrastare l’assalto finale dell’Esercito. Lo sostiene anche George Sabra, leader ad interim della Coalizione Nazionale dell’opposizione, che parla di un migliaio di combattenti, forze “fresche”,  entrati in città.

E’ improbabile però che i ribelli riescano a invertire la tendenza e conservare il controllo di Qusayr. I comandi militari governativi stanno impiegando i reparti migliori e l’aiuto garantito da Hezbollah, al prezzo però di pesanti perdite, si è rivelato essenziale visto l’addestramento dei guerriglieri del movimento sciita libanese nel combattimento nei centri urbani. Tre giorni fa, i governativi hanno conquistato il piccolo aeroporto di Dabaa, 7 km a nord di Qusayr, e il villaggio di Arjoun, rafforzando il controllo delle strade principali che portano alla città. Un ufficiale intervistato dalla tv di Hezbollah, al Manar, ha spiegato che l’obiettivo immediato è il quartiere di al Jawadoyah. In questo modo, ha aggiunto, le forze ribelli rimarrebbero intrappolate in meno del 20% di Qusayr. Attivisti dell’opposizione hanno denunciato all’agenzia di stampa americana Ap che l’Esercito avrebbe aperto il fuoco su convogli di civili e feriti che provano a lasciare la città. Queste informazioni non hanno però trovato conferme indipendenti. Prendere Qusayr per le forze governative significherebbe tagliare in gran parte il flusso di armi, soldi e di combattenti sunniti che dal Libano entrano in Siria, oltre a recuperare un’area strategica che collega Damasco al Mar Mediterraneo e comprende Homs, la terza città della Siria.

Non si combatte solo a Qusayr e a morire sono anche gli occidentali che si sono uniti ai ribelli, donne comprese. Come la 33enne del Michigan, Nicole Lynn Mansfield, convertitasi all’Islam dopo essersi sposata con un arabo, uccisa a inizio settimana insieme a due britannici in uno scontro a fuoco con i soldati nei pressi di Idlib. La televisione di stato siriana ha mostrato la fotografia della patente di guida di Mansfield, che appare ritratta con il velo, con l’indirizzo di Flint, città vicina a Detroit. Una zia della donna ha raccontato che la nipote alcuni anni fa aveva sposato e poi divorziato da un arabo musulmano. La separazione però non aveva intaccato la fede islamica della donna che ha continuato ad indossare l’hijab sostenendo «che quello fosse il miglior modo di essere un buon musulmano: le donne devono indossare il velo ed avere sempre il capo coperto». Della sua partenza per la Siria non sapevano nulla i suoi famigliari e, in apparenza, neanche all’United for Free Syria, organizzazione che sostiene l’opposizione siriana che ha sede proprio a Flint.

I ribelli continuano ad invocare nuove armi e potrebbero cominciare a riceverle in tempi stretti e alla luce del sole dall’Europa. Oggi entra in vigore il nuovo regime di sanzioni economiche Ue alla Siria, che non prevede più l’embargo sulle vendite di armi all’opposizione. Ma i 27 hanno un accordo per non procedere alle vendite fino al primo agosto per valutare gli esiti della Conferenza di Ginevra che dovrebbe tenersi questo mese. Tuttavia, anche se Russia, Usa e Onu si vedranno il 5 giugno per preparare l’incontro internazionale, al momento restano deboli le possibilità che la conferenza possa tenersi, alla luce del “no” dell’opposizione siriana alla sua participazione se il presidente Bashar Assad non si farà subito da parte.