Il confine storicamente incandescente del Brennero ritorna scenario di «guerra». Residenti, turisti e camionisti rivivono – un po’ allibiti, un po’ sconcertati – una sorta di riedizione aggiornata del conflitto italo-austriaco. Salgono i No Borders in versione anarco-black bloc, organizzati come nel 1 maggio 2015 a Milano per un pomeriggio di «battaglia» contro celerini, carabinieri e guardia di finanza mentre dall’altra parte centinaia di poliziotti austriaci in assetto anti-sommossa difendono le barriere di Vienna.

Alla fine, un agente italiano ferito e decine di fermi fra i manifestanti (tra cui tre cittadini austriaci e una ragazza tedesca) che hanno invaso l’autostrada e la ferrovia, ma soprattutto hanno attraversato il piccolo paese che a un certo punto viene avvolto dai lacrimogeni. Gli antagonisti duri e puri, arrivati anche dalla Germania, si erano presentati al Brennero senza la minima intenzione di trattare con la questura né di farsi avvicinare da cronisti e telecamere. Chiarissimo fin dall’inizio l’esito, anche perché «in trincea» non c’erano i centri sociali della carovana #overthefortness reduci dal campo profughi di Idomeni (3 aprile) né la sinistra sociale guidata da Gian Marco De Pieri del Tpo (arrestato e rilasciato dalla polizia austriaca il 24 aprile).
Ieri è stata guerriglia senza troppi complimenti. Fuori dalla stazione, i primi slogan e l’assalto alle transenne. Poi parte il tentativo di «distruggere le barriere» al confine. Bengala, «botti» e sassi con replica di lacrimogeni. Fra i boschi pronti a intervenire poliziotti austriaci con l’elicottero che registra ogni movimento. Gli scontri si consumano nell’A22, lungo i binari e nelle strade del paese. Soltanto dopo le 17 le forze dell’ordine «riconquistano» autostrada e ferrovia, ma a valle del Brennero ancora continuano le scaramucce.

Il sindaco Franz Kompatscher della Svp a caldo commenta: «Il Comune aveva chiesto di proibire questa manifestazione. Il Brennero non è adatto, è un paese pacifico. I profughi qui sono sempre stati trattati bene. Non si può distruggere un paese e non si può manifestare al confine».

Al di là della «battaglia» di ieri, sono pericolosamente in gioco i rapporti fra Italia e Austria. Qui un secolo fa si è combattuto sul serio, poi i tirolesi Doc sono stati squartati dall’Anschluss di Hitler e dalla fascistizzazione di Bolzano. E anche dopo il «pacchetto» (1969) accettato dalla Svp di Silvius Magnago, la mitologia degli Schützen ha sempre covato sotto la cenere dell’autonomismo. Ma se Vienna riabbassa sul serio le sbarre del Brennero, saltano gli equilibri costruiti con l’Euregio Tirolo-Trentino-Alto Adige all’insegna dell’Ue formato Schengen.

Ieri mattina a Merano proprio al congresso della Svp il ministro degli interni austriaco Wolfgang Sobotka (Partito popolare) ha provato a stemperare il conflitto: «Al Brennero non ci sarà nessun muro e il confine non verrà chiuso. Se l’Italia farà i suoi compiti non ci sarà neanche bisogno dei controlli». Ha negato perfino il nesso con le elezioni presidenziali, che il 22 maggio prevedono il ballottaggio fra Norbert Hofer (candidato dell’estrema destra Fpö che ha raccolto il 36,4% al primo turno) e l’indipendente dei Verdi Alexander Van der Bellen che parte dal 20,3%. Il ministro austriaco cerca un pertugio: «Se la Germania può controllare i migranti verso l’Austria, non si capisce perché l’Austria non possa fare lo stesso verso l’Italia». Scontato il sostegno al “piano Renzi” sulla Libia con una frecciatina alla cancelliera Merkel: «Auspico che la Commissione europea per l’emergenza migranti metta lo stesso impegno dimostrato nelle questioni economiche…».

E oggi a Bolzano dalle 7 alle 21 si vota per le Comunali, test politico cruciale proprio alla luce delle tensioni al Brennero. In palio l’eredità di «Gigio» Spagnolli che al terzo mandato da sindaco è stato bruciato in pochi mesi dall’impossibile coabitazione della Svp con l’ala «rossoverde» del centrosinistra. Alle urne ben 13 aspiranti alla stanza dei bottoni in municipio con 497 candidati a un seggio in consiglio comunale.

Scontato in partenza il ballottaggio, sarà davvero sintomatico capire chi potrà giocare il «secondo tempo» di una sfida inedita e apertissima. Il Pd è infatti orfano del patto elettorale con la stella alpina e si affida al city manager Renzo Caramaschi. Ma Norbert Lantschner guida il progetto alternativo di Verdi e Rifondazione, mentre il M5S rilancia la consigliera uscente Caterina Pifano. La Svp con Christoph Baur accarezza in solitudine il sogno del primo sindaco tirolese: deve fare i conti con la destra di Sueditorler Freiheit, scesa in campo apertamente come Casa Pound sul «fronte» italiano. Sembra avere meno possibilità il centrodestra classico (Fi e Lega) di Mario Tagnin, cui mancano i consensi di Giorgio Holzmann di «Alleanza per Bolzano», dell’ex Svp Anna Pitarelli e dell’ex leghista Elena Artioli.