«Mi dimetto con effetto immediato». Appena un anno e due mesi dopo la sua elezione, Susanne Hennig-Wellsow lascia la carica di co-segretaria della Linke fino a ieri condivisa con Janine Wissler.

Colpa del fallimento del nuovo corso politico promesso a iscritti ed elettori all’indomani della batosta alle urne federali, ma soprattutto del clamoroso scandalo sessuale che ha investito i dirigenti della Linke in Assia. «Abbiamo realizzato troppo poco rispetto a quanto avevamo assicurato. Il nuovo inizio non si è ancora concretizzato. Dobbiamo chiedere scusa ai nostri militanti: abbiamo deluso le loro aspettative» è la sintomatica premessa di Henning-Wellsow alla nota postata ieri su Twitter.

Una vera e propria autocritica con piena assunzione di responsabilità e l’ammissione della debolezza del partito, incapace di superare il trauma elettorale al pari dello choc politico. «Non siamo stati in grado di mantenere la promessa di essere protagonisti del cambiamento per la nostra mancanza di forza. In troppi pochi hanno creduto che saremmo stati davvero capaci di cambiare in meglio il volto della Germania.

E sono ben consapevole dei miei errori, a partire dall’incapacità di convincere chi associa il rinnovamento alla perdita di sicurezza sociale» riassume l’ex segretaria, rivelando anche il motivo strettamente personale alla base delle dimissioni: «Ho un figlio di 8 anni che ha bisogno di me e il diritto a passare il tempo con me». Tuttavia, al di là dell’inarrestabile emorragia di voti della Linke (confermata nell’ultima tornata elettorale nel Saarland dove il partito non ha superato la soglia di sbarramento), il passo indietro di Henning-Wellsow si deve anche allo scandalo rivelato da Der Spiegel che ha innescato l’hashtag «Linke Me Too» sui social.

Il riferimento corre alle inquietanti testimonianze di dieci persone che hanno accusato di molestie sessuali diversi funzionari della Linke in Assia. Il tribunale di Wiesbaden ha confermato l’apertura dei fascicoli giudiziari, di cui uno con l’ipotesi di violenza sessuale, ma anche la successiva archiviazione per mancanza di indizi di reato.

Comunque, tanto è bastato a far scoppiare il caso mediaticamente devastante per la Sinistra che l’ex co-leader ieri ha denunciato senza mezzi termini: «La gestione del sessismo tra le nostre fila ha rivelato mancanze evidenti nel partito. Non solo è doveroso scusarsi con le vittime ma si deve pure sostenere ogni sforzo per rendere la Linke una realtà dove aggressione e intimidazione non trovino posto».

Non sono solo parole: la Sinistra ha istituito ufficialmente il «Gruppo di fiducia» per supportare chiunque voglia denunciare pratiche analoghe dentro al partito. Non basta, in ogni caso, a spostare dal centro del mirino l’altra co-segretaria, Janine Wissler, accusata dal vice-capogruppo Csu, Andrea Lindholz, di essere stata a conoscenza dello scandalo che secondo Der Spiegel coinvolgerebbe anche il suo ex compagno. «Respingo fermamente l’insinuazione. Se avessi saputo di questi comportamenti avrei denunciato tutto, infatti appena l’ho scoperto ho preso subito provvedimenti» è la difesa di Wissler ribadita ieri sera a Berlino nella riunione d’urgenza tra i 44 massimi dirigenti della Linke.
All’ordine del giorno, l’iter di sostituzione della leader dimissionaria ma anche le contromisure per i sondaggi in calo continuo. La rilevazione «Insa» di mercoledì scorso certifica la Linke incapace di superare quota 4,5%, perfino al di sotto del magro risultato delle elezioni federali del 2021 e ancora lontana dallo sbarramento parlamentare del 5%.