Delphine Batho, la ministra dell’ambiente brutalmente dimessa martedi’ dal primo ministro Ayrault per aver definito “brutta” la finanziaria 2014, ieri si è difesa attaccando. In una conferenza stampa, dove aveva promesso di raccontare cosa c’era dietro le quinte del suo licenziamento improvviso, ha accusato le “lobbies” industriali, in particolare quelle del gas di argille e del nucleare. “E’ sull’ecologia che si concentra lo scontro con il mondo della finanza – ha affermato Batho – le forze che si oppongono al cambiamento sono potenti. E’ arrivato il momento di mobilitarsi per farvi fronte”. Delphine Batho ha accusato il primo ministro, Jean-Marc Ayrault, di non rispettare la “collegialità” nelle decisioni del governo. Ha di nuovo criticato la “svolta del rigore” in corso. In particolare, Batho ha puntato il dito contro gli industriali dello shale gas, che premono per ottenere il permesso di fratturazione idraulica, che in Francia è proibita per legge. Batho ha esplicitamente citato il presidente della società Vallourac, “direttamente interessato al gas di argille e che ha annunciato il mio licenziamento una settimana prima di fronte a degli imprenditori statunitensi”. Il presidente di Vallourac è Philippe Crouzet, marito di Sylvie Hubal, direttrice di gabinetto di François Hollande all’Eliseo.

Ma non ci sono state voci, a sinistra, per difendere l’ormai ex ministra. Uno dei suoi pochi amici, il deputato socialista Malek Boutih, ha detto: “non ama il compromesso, è contrario ai suoi principi”. Tutti i ministri hanno mantenuto il silenzio, con l’eccezione della zelante ministra della cultura, Aurélie Filippetti, che ha anch’essa incassato un taglio del 2,8% al bilancio del suo ministero, ma che afferma che “tutti devono stringere la cinghia”.

Batho è stata un bersaglio facile per Ayrault e Hollande, che hanno cosi’ creato un esempio destinato a zittire chiunque, tra i socialisti, avesse l’intenzione di alzare la voce della critica nei confronti di scelte economiche di austerità. Anche i due ministri di Europa-Ecologia si sono limitati soltanto a far finta di indignarsi, hanno accennato a possibili dimissioni, ma sono subito rientrati nei ranghi. Batho era una preda facile, perché isolata anche nel Ps, senza corrente e appoggi. Era stata la delfina di Ségolène Royal, che le aveva lasciato la facile candidatura nella circoscrizione delle Deux-Sèvres nel 2007, ma ormai la corrente non passa più tra le due donne politiche. Batho è stata punita perché ha osato criticare il punto più delicato del momento: la finanziaria 2014, che sarà per forza di austerità, vista la situazione della Francia e le ingiunzioni di Bruxelles. Il ministero dell’ambiente avrebbe dovuto subire tagli del 3%, ma Batho ha fatto credere che arrivassero al 7%, non prendendo in considerazione le compensazioni con l’ecotassa sui camion e l’aumento del canone delle concessioni autostradali.

Delphine Batho lascia un bilancio contrastato al ministero dell’ambiente. Il 18 luglio dovranno venire pubblicate le conclusioni dei dibattiti sulla transizione energetica del paese, ma molti già criticano la ministra affermando che non ha saputo gestire l’operazione. Sul nucleare, non sono stati passi avanti per la chiusura della più vecchia centrale, a Fessenheim, una promessa di Hollande da attuare entro il 2016. Il dibattito sulla limitazione del diesel è praticamente fermo. Batho è stata sostituita da Philippe Martin (Ps), che ha condotto la trattativa con Europa-Ecologia per la costruzione della maggioranza. Ex prefetto, ha diretto la missione sul gas di argille che ha portato alla proibizione della fratturazione idraulica.