Bei tempi quelli in cui l’America era spaventata dal ghigno di Mitt Romney (e a nessuno sarebbe venuto in mente di invocare le dimissioni di Bruce Springsteen per la sua pessima performance “elettorale”). Quando il mormone Romney sfidava Obama, la domanda era: vorreste come presidente degli Stati uniti d’America un tizio che quando porta la famiglia in vacanza dall’altra parte del Paese lega il suo cane sul tettuccio dell’auto?

La storia risale al 1983 ma circolò tanto, in quella campagna del 2012, che il New Yorker ci fece la copertina e Ry Cooder un blues ferroso che raccontava la vicenda dal punto di vista della vittima, Mutt Romney Blues. Non Mitt ma «mutt», bastardo.

Il cane dei Romney, Seamus, in realtà era un setter e all’epoca dei fatti aveva finito di soffrire da un pezzo. Divenne comunque l’icona del disprezzo etico e politico nei confronti del suo ex boss. Il quale oggi, dopo gli insulti ringhiosi incrociati con Trump durante le primarie, è chiamato dal partito a mettersi in gioco nel team presidenziale per mantenere un contatto con il nuovo inquilino della Casa bianca. Potrebbe essere lui stavolta a finire legato come un salame sopra il tettuccio dell’Air Force One.