Loris De Filippi è il presidente di Medici senza frontiere e per molte settimane è stato imbarcato sulla Bourbon Argos, una delle due navi – l’altra è la Dignity – con cui l’organizzazione partecipa dallo scorso mese di maggio alle operazioni di salvataggio dei migranti nel canale di Sicilia. Fino a oggi sono circa diecimila le persone soccorse e messe in salvo da Msf. E anche ieri la Bourbon Argos e la Dignity sono intervenute in appoggio alla nave della marina militare irlandese che ha soccorso il barcone con 700 migranti a bordo affondato poche miglia al largo della Libia.

Ancora una volta il naufragio sembra sia avvenuto durante le operazioni di soccorso. Se la dinamica dovesse essere confermata sarebbe il terzo incidente avvenuto in queste circostanze. Cosa c’è che non va in queste operazioni?
Noi abbiamo deciso di fare dei corsi specifici in Bretagna proprio per sapere esattamente come svolgere e quali sono i mezzi più adeguati per portare soccorso. Non mi permetterei mai di giudicare come gli irlandesi sono intervenuti e se effettivamente i migranti sono caduti in mare in una situazione di attracco. Quello che va detto è queste sono attività che non si possono improvvisare perché sono molto complicate. Serve un lavoro di sensibilizzazione e di comunicazione alle persone prima di soccorrerle proprio per dare stabilità ed evitare incidenti. Che comunque possono accadere, perché le situazioni di panico sono difficilmente governabili, a meno che uno non sia sull’imbarcazione da salvare e abbia il potere di calmare le persone. Ed è molto complicato, avendo visto da vicino con quale ansia i migranti attendono il salvataggio. Inoltre le condizioni meteo a volte possono rendere molto difficile operare. Per questo diciamo che l’attività di ricerca e soccorso è un’extrema ratio e per questo chiediamo all’Europa di individuare delle vie di accesso legali e sicure per scongiurare morti che sarebbero evitabilissime.

Cosa pensa delle missione europea di contrasto ai trafficanti di migranti?
Penso che la priorità vada comunque data prima di tutto alle operazioni di ricerca e soccorso ma, ripeto, soprattutto a trovare delle strade alternative alla traversata del Mediterraneo. Possiamo combattere gli scafisti quanto vogliamo ma i migranti sono disperati e lo testimonia il fatto che pur sapendo cosa rischiano, accettano di viaggiare su barche spesso fatiscenti. Se poi vogliano parlare di ricerca e soccorso, allora le operazioni vanno estese fino a poche miglia dalle coste libiche e non a venti, venticinque miglia. Perché sono troppe e perché soprattutto in estate c’è la possibilità che una persona, al di là che la barca su cui si trova si rovesci o meno, potrebbe morire di disidratata, come è avvento due giorni fa.

Nessuna delle parti libiche accetterà mai interventi nelle proprie acque.
Ma l’intervento di ieri è già in acque libiche, perché è avvenuto a 15 miglia dalla costa. E comunque si possono trovare degli accordi con Tobruk e Tripoli per consentire i soccorsi. Non si può aspettare oltre. Trattiamo con chiunque possa salvare delle vite e mettere fine a queste tragedie.