Sul regime egiziano più brutale che la storia contemporanea ricordi ieri l’Europarlamento si è espresso con voce forte e chiara: con 434 voti favorevoli, 49 contrari e 202 astenuti ha approvato la risoluzione sulle violazioni dei diritti umani nel paese nordafricano, un testo avanzato, coraggioso, che supera nelle richieste le risoluzioni precedenti, adottate dal marzo 2016 in poi a seguito del sequestro e l’omicidio del ricercatore italiano Giulio Regeni.

Un testo che raccoglie alcuni dei capitoli più amari della natura di un regime nato violando le istanze democratiche e di giustizia sociale che milioni di egiziani portarono nelle strade del loro paese esattamente 10 anni fa.

I deputati hanno votato un testo che chiede espressamente alle istituzioni europee di intervenire. Non con condanne a parole, come spesso avvenuto dal 2013, anno del golpe dell’atuale presidente al-Sisi, ma con azioni concrete che delegittimo un regime finora fin troppo legittimato: un’indagine indipendente sugli abusi di Stato (partendo dai casi di Giulio Regeni e dello studente dell’Università di Bologna Patrick Zaki), sanzioni e misure restrittive nei confronti dei responsabili di violazioni dei diritti umani e sospensione della vendita di armi, tasto dolente che tocca paesi fondatori della Ue, come Italia e Francia.

Capitoli centrali quelli riguardanti Regeni e Zaki: l’Europarlamento chiede alla Ue di esortare Il Cairo a collaborare nella procedura giudiziaria avviata dalla Procura di Roma contro quattro agenti dei servizi segreti, ritenuti responsabili del sequestro, le torture e l’omicidio del ricercatore, e chiede pressioni che conducano al rilascio dello studente egiziano. Ne abbiamo parlato con Pierfrancesco Majorino, deputato del gruppo S&D, che insieme a Renew e Verdi ha promosso la risoluzione.

Un commento sul voto?

Il parlamento europeo ha dato un segnale molto chiaro. Non è una risoluzione generica o una dichiarazione di principi all’acqua di rose.

La risoluzione più coraggiosa votata finora.

È un pacchetto molto nutrito: fa riferimento alla necessità di sanzioni mirate a funzionari responsabili di violazioni di diritti umani e allo stop alla vendita di armamenti, un richiamo rivolto ai governi; condanna l’attribuzione di onorificenze a chi si macchia di abusi dei diritti umani; chiede la liberazione di Zaki e sostiene lo sforzo della famiglia Regeni e della Procura di Roma. Chiede cioè una svolta netta nei rapporti con l’Egitto alle istituzioni europee e agli Stati membri.

Si sono astenuti in 202.

Non ci sono state barricate, un fatto positivo. Avevamo qualche timore alla vigilia, ma anche chi astenendosi ha garantito che passasse si è assunto una responsabilità.

Non è vincolante, le istituzioni Ue ne terranno conto?

È un messaggio politico rivolto innanzitutto all’Egitto di al-Sisi e a chi vuole la libertà. E poi alla Ue. È importante che il Consiglio d’Europa non lo lasci cadere nel vuoto e che la Commissione non ignori il parlamento. E chiede coerenza ai governi. Rivendichiamo e rivendicheremo il messaggio politico: vedremo cosa faranno i governi rispetto a una decisione condivisa su sanzioni e armi. Anche il nostro governo sia coerente, metta in campo azioni ineludibili di una pressione che giunga forte in Egitto.

Può stupire è che gli stessi partiti che in Europa promuovono un voto così forte, in Italia approvino vendite militari senza precedenti.

Il parlamento europeo ha espresso un messaggio forte anche grazie al dialogo continuo con cittadini, ong, associazioni di cui abbiamo ben interpretato la riflessione. Su Regeni non si può esibire una solidarietà a giorni alterni, ci vuole un’assunzione di responsabilità continua.