Nervi tesissimi in Campania dalle parti di Liberi e uguali. Ieri mattina una delle tre componenti, Possibile, ha annunciato l’uscita dalla lista. Avevano chiesto sei candidature, ne avevano portate a casa tre e una di queste, quella di Lorenzo Fattori (ex coordinatore Unione degli universitari Napoli), è stata cancellata a Roma per fare posto a un professore universitario in pensione vicino ai bassoliniani. Depennato senza avvisare il gruppo di Pippo Civati. La rottura con Possibile è avvenuta, probabilmente, per recuperare un po’ di terreno con i fedelissimi di Antonio Bassolino, che erano già passati alle minacce quando la candidatura del loro riferimento è sfumata. Al quartier generale di Leu a Roma è, infatti, arrivata una petizione con 26 firme (gli ex segretari regionali della Cgil Michele Gravano e Franco Tavella e pezzi di Mdp) a sostegno dell’ex sindaco di Napoli: «La chiusura nei confronti di Bassolino – è scritto – può rappresentare una sorta di pietra tombale sull’entusiasmo che in tanti hanno nutrito». E ancora: «Dovesse materializzarsi il quadro, francamente disarmante, sin qui delineato, la partecipazione attiva alla campagna elettorale verrebbe seriamente compromessa». Insomma minacciano di tirare i remi in barca.

In Sinistra italiana il malumore è altissimo e c’è chi commenta: «Prima la petizione, poi la rottura con i compagni di Possibile che, francamente, hanno ragione. Sono gli ultimi assalti per far inserire in lista Bassolino ma noi restiamo contrari. Se dovesse entrare, finiremmo per fare la campagna elettorale in una zona di guerra». I sondaggi danno performance tra il 5 e l’8% per Leu a Napoli, così si cerca di portare a casa la riconferma alla Camera di Arturo Scotto e di Peppe De Cristofaro al Senato. A Bassolino era stato proposto di dare battaglia all’uninominale, magari nel collegio di San Giovanni, ex roccaforte del Pci, ma l’offerta è stata respinta.

Nervi tesi anche nel Pd, zona Salerno. Il governatore Vincenzo De Luca vuole in parlamento il figlio Piero, che ieri era a Roma. La scorsa settimana si è presentato al Nazareno il padre per piazzarlo primo nel listino, lontano dall’uninominale: temeva l’effetto referendum 2016. Il governatore aveva promesso a Renzi una vittoria schiacciante del Sì nelle sue terre e invece, per la prima volta, gli elettori gli hanno voltato le spalle, dando il 64,7% dei voti al No. Per evitare imboscate meglio il listino ma il partito pare intenzionato a mettere Piero anche nell’uninominale. Il governatore poi non vuole ministri paracadutati nella sua zona e neppure Franco Alfieri: nel salernitano la campagna elettorale deve ruotare solo intorno al figlio. Pare però che su Alfieri non la spunterà. L’ex sindaco di Agropoli (famoso per il discorso della clientela a base di fritture di pesce), ora capo staff del governatore, è sicuro di vincere nell’uninominale del Cilento: 72 sindaci su 94 hanno firmato una petizione in suo favore. I dem non possono permettersi di eliminarlo in una regione dove 5S e Fi sono avanti.