La cancelliera democristiana Angela Merkel e il suo vice socialdemocratico Sigmar Gabriel possono tirare un sospiro di sollievo: le comunali di domenica in Bassa Sassonia non sono state il temuto disastro. Nel quarto Land più popoloso di Germania (8 milioni di abitanti) la destra di Alternative für Deutschland (Afd) non ha sfondato: il 7,8% raccolto nella regione di Hannover è lontano dal clamoroso 20,8% della settimana precedente nel Meclemburgo (appena 1,6 milioni di abitanti). La differenza est/ovest si vede ancora, e i fascistoidi guidati da Frauke Petry, che speravano in un bis, devono «accontentarsi» di restare sotto la doppia cifra. La tendenza per le forze di governo, però, resta negativa: rispetto alle comunali del 2011, la Cdu con il 34,4% rimane primo partito, ma perde il 2,6%, mentre la Spd cala del 3,7%, attestandosi al 31,2%. Se il confronto è con le politiche del 2013, per i democristiani la perdita è ben più significativa (-6,7%), motivo per il quale Merkel e i suoi non possono innalzare canti di vittoria.

Risultati in chiaroscuro anche per le liste dell’opposizione di sinistra. I Verdi sono terza forza: il loro 10,9% rappresenta oltre 3 punti in meno delle precedenti municipali, ma 2 punti in più rispetto alle politiche. La Linke, invece, ha raccolto un 3,3% che significa avanzamento rispetto alle amministrative di cinque anni fa (+0,9%), arretramento rispetto alle politiche (-1,7%). Completano il quadro i liberali della Fdp, fuori dal parlamento federale ma ancora vivi in molti Länder (in particolare all’ovest): con il 4,8% fanno meglio sia delle precedenti municipali sia delle politiche. Sono gli unici, dunque, a potersi dire davvero soddisfatti, coltivando la speranza di rientrare l’anno prossimo nei giochi della politica che conta.

In tempi «normali» un appuntamento elettorale come quello dell’altro ieri sarebbe forse passato in sordina, ma ora è diverso: nel pieno dell’ascesa dell’Afd, e a un anno dal rinnovo del Bundestag che potrebbe segnare la fine della lunga era Merkel, ogni test assume un valore politico. Il messaggio che viene dalle urne di domenica è meno chiaro ed evidente di quello di una settimana prima arrivato dal Meclemburgo: non a caso i commenti del giorno dopo, stavolta, sono all’insegna dei toni bassi. Ma la tensione interna alla grosse Koalition è sempre grande: l’agenda di governo è bloccata dai veti incrociati e i tre partiti – Cdu, Spd e bavaresi della Csu – vanno ormai ciascuno per la propria strada, in un clima da campagna elettorale permanente. Un vertice di maggioranza tenutosi domenica è finito con un sostanziale nulla di fatto: restano le note divergenze sui profughi, ma anche su molti altri temi, come fisco, pensioni, lavoro. La sensazione diffusa è che i prossimi mesi saranno un tirare a campare in attesa che all’interno del campo democristiano esca un vincitore nella lotta fra Merkel e il governatore bavarese Horst Seehofer, alfiere della battaglia contro il «buonismo» filo-profughi della cancelliera.

Domenica prossima, nuovamente urne aperte: stavolta tocca a Berlino, città con il rango di Land. Per l’ultimo importante appuntamento elettorale dell’anno i sondaggi prevedono grande equilibrio: la Spd è data in testa con appena il 22%, Cdu e Verdi al 18%, Linke e Afd al 14%, liberali al 6%. Numeri che renderebbero possibili solo due coalizioni di governo: un inedito tripartito Spd-Verdi-Cdu o l’alleanza progressista Spd-Verdi-Linke. I futuri scenari della politica tedesca passeranno da qui.