Il basilico ocimum basilicum è una pianta aromatica diffusa già in antichità nel bacino del Mediterraneo da parte dei greci e romani. Il nome deriva dal greco basileus – «erba da re» in quanto per il suo profumo era considerata tra le più importanti dell’epoca. In Egitto era anche uno degli ingredienti utilizzati nel balsamo per la mummificazione. La sua origine è però orientale, della regione indiana, dove è ancora molto diffuso e utilizzato in cucina.

È una pianta ricca di vitamine, sali minerali, flavonoidi e antiossidanti e ha notevoli proprietà antinfiammatorie e antibatteriche. Le sue caratteristiche sono esaltate nell’utilizzo a crudo, in aggiunta a insalate e come ingrediente base nella preparazione del pesto. In Liguria la sua coltivazione si diffonde a partire dal XIX secolo, in particolare a Prà, nel ponente genovese. Per molto tempo la produzione del basilico proveniente da questo territorio è stata sinonimo di alta qualità e rispetto della coltivazione tradizionale. Per un ligure il basilico era solo «quello di Prà». Da qui, lentamente, si è diffuso in tutta la fascia costiera ligure che, grazie al suo particolare clima sempre al riparo dai venti freddi del nord, conferisce alla pianta una tipica essenza profumata non riscontrabile altrove. Inizialmente raccolto solo in serra e destinato a un consumo fresco come base per la realizzazione di un pesto artigianale, da alcuni anni si è diffusa anche la coltivazione e la raccolta meccanizzata in campo aperto. Quella del basilico è così diventata la coltura tipica della Liguria, simbolo stesso di una agricoltura che si è adattata alle forme di un territorio difficile, e per cui dal 2005 la Comunità europea ne riconosce la Denominazione d’origine protetta con il nome di «basilico genovese».

Per tutelarne il tradizionale metodo di coltivazione e alta qualità del prodotto è anche istituito un Consorzio di Tutela a cui fanno riferimento una cinquantina di piccole aziende regionali. Il disciplinare del basilico genovese Dop individua, come area geografica di produzione, la sola fascia costiera ligure, dove le caratteristiche climatiche e la vicinanza al mare riescono a conferirne il tipico profumo che rende questo basilico unico del genere.

MATTEO PERRONE È IL COLTIVATORE di basilico Dop più a oriente da Genova. La sua falciatrice sta lavorando al primo taglio della pianta aromatica in un campo limitrofo all’area archeologica di Luni. La piccola macchina operatrice, con il suo ritmico frastuono, segue i lunghi filari di basilico fresco, lasciandosi dietro, ad ogni passaggio, un penetrante aroma di basilico. «Si semina ad aprile per fare un primo sfalcio in giugno. Il taglio è sempre quello della parte apicale e più profumata del basilico, in modo che la pianta possa riprendere la crescita», e aggiunge ancora, «così possiamo fare anche 5-6 sfalci fino a termine stagione».

La piccola falciatrice, dopo un’ora di lavoro, è già piena e rientra in azienda. Qui il basilico è scaricato in una grande cisterna, lavato, tritato e immagazzinato in piccoli container. Il semilavorato di basilico genovese Dop è ovunque richiesto dall’industria alimentare, che da questa base produce il pesto che viene distribuito negli scaffali dei supermercati. «Tutti possono produrre un buon pesto con il nostro basilico, piccole e grandi aziende. Ma è importante anche rispettare scrupolosamente la ricetta. Per noi liguri il pesto è quasi una religione», conclude Matteo.

IN VAL GRAVEGLIA, nel primo appennino che guarda il golfo del Tigullio, incontro Sergio Circella, patron della pluripremiata La Brinca, un’antica osteria a gestione familiare. Per lui il basilico genovese è l’essenza stessa del territorio. Mi conduce nell’orto in cui coltiva le sue erbe aromatiche. Qui tra timo, salvia, e rosmarino, c’è uno spazio riservato al basilico. È su un terrazzamento elevato e cresce isolato, come fosse su un altare. «È coltivato qui, in modo che non si alteri con le essenze delle altre erbe aromatiche. Lo usiamo fresco in foglia per alcune guarnizioni dei nostri piatti. Per il pesto che realizziamo non basterebbe». Sfiora con le mani alcune foglie della pianta, portandole al naso. «Per il nostro pesto prendo il basilico da un piccolo vivaio all’ingresso della valle e lo realizziamo rigorosamente a mano, dentro un grande mortaio di marmo» conclude orgoglioso. Ma in Liguria c’è chi il basilico lo ha trasformato in qualcosa di estremamente gustoso, anche fuori dal mortaio.

AL GELATINA, UNA ORIGINALE GELATERIA con libreria annessa nella centrale via Garibaldi di Genova, la giovane Martina Francesconi ha creato un gelato al gusto di pesto, con pinoli toscani, basilico dop e un pizzico di sale. «Ma non mi sono sentita di aggiungere anche parmigiano e pecorino» dice scherzosamente. Nel ponente di Genova si entra nell’areale storico del basilico. È dal quartiere di Pra’ che si è diffuso in tutta la regione, diventando una importante fonte di reddito e lavorativa. Le aziende che aderiscono al disciplinare di produzione del basilico genovese Dop sono condotte a livello familiare da più generazioni, assicurando lavoro a circa 200 addetti, più gli stagionali, con un fatturato annuo oltre 6 milioni di euro. Nel borgo costiero di Celle Ligure, l’azienda di Paolo Calcagno fornisce da sempre le piantine di basilico utilizzate per tutte le fasi del campionato del mondo di pesto a mortaio. Le sue serre sono aggrappate su antichi terrazzamenti in pietra a secco – 5500 metri quadrati di coperture in vetro e acciaio lungo le curve della montagna che sembrano imitare l’avamposto di un pianeta colonizzato di recente. Paolo mi accoglie nel suo magazzino dove le sorelle, Daniela e Monica, sono sommerse da cassette zeppe di mazzi di basilico che devono essere controllati e avvolti singolarmente in contenitori di carta con i dati del produttore, simbolo europeo della Doc e del consorzio di tutela. Il tutto a estrema garanzia del prodotto.«Distribuiamo il nostro basilico in quasi tutti i mercati della regione, ma anche in alcuni del nord Italia, dove si comincia ad apprezzare il profumo e la fragranza del basilico genovese Dop», dice Paolo, e mostrandomi alcune bolle di spedizione, continua, «ultimamente ci viene richiesto da alcuni famosi chef londinesi per la preparazione del vero pesto genovese». Paolo produce e vende più di mezzo milione di mazzetti di basilico, ognuno dei quali costituito da una media di 80 piantine che vengono sfilate singolarmente e manualmente dalla terra. L’azienda garantisce il lavoro a più di 30 dipendenti, di cui la metà stranieri e appartenenti a 8 nazionalità differenti.

A POCA DISTANZA DALLE SERRE DI CALCAGNO, scendendo lungo una serie di ampi tornanti c’è Varazze, adagiata tra il mare e le pendici del Parco Regionale del Monte Beigua. La Liguria qui si vede bene. Case colorate in riva al mare, stretti carruggi e un intenso profumo di primavera e di basilico. La gelateria I giardini di Marzo è proprio a due passi dalla spiaggia e nel suo laboratorio il maestro gelatiere Marco Venturino produce un sorbetto al limone e basilico che ha davvero il colore e il profumo della Liguria. «È uno dei gusti più richiesti dalla mia clientela», afferma Marco, «ed è una personale creazione di cui mi sento orgoglioso».Proseguendo a occidente arrivo ad Albenga, un grande centro agricolo nel mezzo del ponente ligure. L’Appennino sembra più lontano e le ripide fasce in pietra sulla vertigine dei suoi fianchi, qui non sono più necessarie. Il terreno si distende quieto in una ampia pianura fino al mare, il cui destino è da sempre votato a un’agricoltura di qualità. La produzione del basilico ad Albenga diventa un affare serio. Qui il basilico non vive confinato in serre, vasi sul balcone o piccoli orti. È libero di crescere e saturare il vento con la sua essenza. I filari verdi e profumati si intramezzano con altre colture ortofrutticole, ma che ovunque sovrasta con la sua intensa fragranza. E con questa fragranza c’è chi è riuscito a coniugare tradizione con innovazione. L’azienda di Matteo Borea e Pierangelo Rossi produce basilico da cui si estrae un profumato olio essenziale per realizzare una bevanda tutta ligure: il basilichito. «Da un semplice esperimento nella preparazione di un infuso del nostro basilico fresco con dello zucchero», mi dice Matteo, «con l’aggiunta di limone e anidride carbonica è nata una bevanda gustosa e dissetante». Il successo con il basilico li ha portati a realizzare altre bevande con base il timo, la salvia e il chinotto, il raro agrume del savonese tutelato da un presidio Slow Food.

Poco lontano, in una piccola serra, incontro Andrea Rubino, un imprenditore di 44 anni che dal 2009 coltiva basilico genovese Dop e lo trasforma in pesto tradizionale con ingredienti tutti certificati e biologici. Come se non bastasse, la sua giovane fantasia ha materializzato l’incubo di ogni purista ligure. Realizzato con l’idea di avvicinare anche i consumatori intolleranti ai latticini, il suo PestONE vegan utilizza mandorle tritate in sostituzione del formaggio. «Anche i più scettici si sono dovuti ricredere»,