Il centrodestra a trazione leghista vince a mani basse le elezioni regionali in Basilicata. Dopo 24 anni di dominio incontrastato e mai messo in dubbio, il centrosinistra ha dovuto cedere il passo alla valanga leghista e lasciare il posto di governatore all’ex generale della Guardia di Finanza Vito Bardi, un non-politico scelto direttamente da Silvio Berlusconi.

L’EX GRADUATO ha raggiunto il 42% dei voti, staccando di nove punti il candidato dem designato dal governatore uscente, il farmacista potentino Carlo Trerotola. Solo terzo il candidato 5 Stelle, attestatosi al 20% dei consensi, mentre l’ultima piazza è andata alla lista ecologista di sinistra guidata da di Valerio Tramutoli, che ha guadagnato un buon 4,3%, ma non esprimerà nessun consigliere.

In crescita, al 53,5%, l’affluenza alle urne, in una tornata elettorale che segna una svolta storica per una roccaforte del centrosinistra e consegna 12 seggi più quello del presidente (sui 20 disponibili) alle destre.

Chi vince, però, non è solo il nuovo governatore Bardi. La vera consacrazione è quella di Matteo Salvini che riesce a sfondare in un territorio nel quale, 5 anni fa, non aveva neanche presentato una lista e soltanto un anno fa aveva raccolto il 6,3% dei voti. La Lega arriva oggi a poco più del 19% (un punto sotto i 5 Stelle, primo partito in regione) e, in virtù del nuovo sistema elettorale proporzionale con premio di maggioranza, ottiene ben 6 consiglieri, costituendo così il gruppo più nutrito all’assemblea lucana. Era, quella dell’affermazione del partito che fu di Bossi, una delle vere incognite di queste elezioni. La risposta delle urne è stata chiara. E non è un caso che il partito di Salvini abbia registrato risultati fino a ieri inimmaginabili proprio nella Val d’Agri, il più grande giacimento petrolifero italiano, simbolo delle alterne vicende lucane. Con punte intorno al 50%, la Lega si sarebbe affermata largamente anche correndo da sola in molti dei paesi interessati dalle trivellazioni, quelle stesse comunità nelle quali il leader leghista è andato a ribadire, negli ultimi giorni della campagna elettorale, che «se c’è una ricchezza nel sottosuolo bisogna prendersela».

VA RICONOSCIUTO, PERÒ, che in questa zona della regione, come in altre d’altronde, Salvini ha potuto godere dell’appoggio di personaggi politici locali di peso e con un seguito determinante. E’ il caso, forse il più eclatante, di Carmine Capece, fresco di elezione al consiglio regionale tra le file leghiste e secondo nel partito per preferenze, circa 4400. Fratello di Amedeo Capece, sindaco di Viggiano, il paese più toccato dalle trivelle e dalle conseguenze dell’estrazione, ha dato, per così dire, un nuovo indirizzo politico a una famiglia da sempre considerata vicina ai dem Pittella (l’europarlamentare Gianni e l’ex-governatore lucano Marcello).

Ed è proprio quello dell’ex-presidente uno dei casi più interessanti. Il suo candidato ha perso, lui un po’ meno. Con più di 8000 preferenze risulta il più votato dei futuri consiglieri ed è riuscito a far sì che tutti gli esponenti dem eletti fossero persone più o meno a lui vicine. Forse semplificando troppo, in queste ore, si sta sostenendo che il Pd abbia raccolto soltanto il 7,75% dei voti. E’ vero che soltanto una lista faceva chiaro riferimento al partito nel suo simbolo, ma i democratici si erano strutturati in almeno due liste, nelle quali comparivano appunto lo stesso Pittella, Braia, Polese e Cifarelli, i soli eletti di centrosinistra (insieme, evidentemente, al candidato presidente) che, sembra ormai certo, costituiranno un gruppo unico. Insomma, coloro che tra i democratici, candidati in ulteriori compagini, non sono riusciti a entrare nell’assemblea regionale, sono quegli stessi esponenti del centrosinistra che all’ex-governatore e a una sua ricandidatura si erano opposti. Si tratta di un dato particolarmente importante se si vuole analizzare il risultato delle urne. Pur non avendo piazzato il “suo uomo” a capo della giunta, il passo di lato di Marcello Pittella è riuscito perfettamente anche nel solo intento di dimostrare quanto ancora importante sia il suo peso negli equilibri politici regionali.

Diverso il discorso per i 5 Stelle che migliorano il risultato delle scorse regionali, passando dall’8% al 20%, ma dimezzano i voti delle politiche del 2018, quando avevano incassato il 44%. Il Movimento rappresenta la prima forza politica in Basilicata, ma deve accontentarsi di soli 3 consiglieri di minoranza. Intervenendo sui risultati, Di Maio ha sottolineato che considera quello del Movimento un successo, sia rispetto alle elezioni di 5 anni fa sia rispetto al fatto che, mentre gli altri partiti correvano in coalizione, loro si presentavano da soli. Non è detto che la questione si possa riassumere soltanto così, per almeno due motivi: quelle lucane erano elezioni di valenza anche nazionale; l’alleato leghista cresce a prescindere dalla natura della consultazione.

NON È TRASCURABILE, infine, il risultato della lista ecologista di sinistra, La Basilicata Possibile, e del suo candidato Valerio Tramutoli. Il 4,3%, per una forza nuova e di rottura, può rappresentare un ottimo punto di partenza per ricostruire la sinistra in Basilicata. I sostegni incassati oltre i confini della regione e la volontà del candidato presidente lasciano intendere che per la sinistra lucana possa trattarsi non solo di una sconfitta, ma anche di un nuovo inizio.